Legge “Anticorruzione” n.190 del 6.11.2012
Nuovi reati presupposto della Responsabilità Amministrativa D.Lgs. 231/01: “Corruzione tra privati” e
“Induzione indebita a dare o promettere utilità”
Con la recente Legge n. 190 del 6.11.2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13.11.2012, il Legislatore
italiano ha inteso adeguare la normativa nazionale ai dettami della Convenzione di Strasburgo del 27 gennaio
1999, ratificata con Legge n. 110 del 28.6.2012.
La L. 190/12 è titolata: “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità
nella pubblica amministrazione”; interviene su un duplice fronte:
1) detta disposizioni per la prevenzione, individuando e regolamentando una “Autorità nazionale
anticorruzione”, imponendo nuovi obblighi alle Pubbliche Amministrazioni, a valere anche per le società
partecipate dalle stesse e per le loro controllate (limitatamente alle attività di pubblico interesse), apportando
modifiche normative e delegando al Governo ulteriori interventi in materia (L. 190/12 art. 1 co. da 1 a 74);
2) interviene sul fronte della repressione, innovando la disciplina del codice penale quanto ai reati di
concussione e corruzione, modificando l’art. 2635 c.c. in tema di corruzione tra privati ed introducendo
nuovi reati presupposto della Responsabilità Amministrativa D.Lgs. 231/01 (L. 190/12 art. 1 co. 75 e ss.).
Per quanto qui interessa, ci soffermiamo su tale ultimo versante della normativa, per formulare delle
considerazioni in merito ai passaggi di rilievo.
L’Ufficio studi della Suprema Corte di Cassazione nell’immediatezza si è già pronunciato con una relazione
di asprissima critica al testo della nuova legge, e non a torto se si considera quanto segue.
Esaminiamo le modifiche al codice penale
L’art. 1 co. 75 L. 190/2012 interviene sul codice penale, principalmente:
– attraverso alcune modifiche di sostanza degli artt. 317 c.p. (concussione), 318 c.p. (corruzione cosiddetta
impropria) e 322 c.p. (istigazione alla corruzione);
– mediante introduzione di due nuove fattispecie delittuose agli artt. 319-quater c.p. (induzione indebita a
dare o promettere utilità) e 346-bis (traffico di influenze illecite);
– con un generale aggravamento delle sanzioni penali.
In merito all’intervento normativo sul precedente reato di Concussione previsto dall’art. 317 c.p., si osserva
che la condotta delittuosa originaria è stata in sostanza scissa in due diverse fattispecie criminose ora
contenute all’art. 317 come novellato ed all’art. 319-quater.
Prima nel reato di concussione era punito “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che,
abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente, a
lui o a un terzo, denaro o altra utilità”.
Oggi:
– è punito per il reato di concussione (art. 317 c.p.) il solo pubblico ufficiale (non più l’incaricato di pubblico
servizio), solo quando costringe (non più quando induce) taluno a dare o promettere indebitamente denaro o
altra utilità;
– tanto il pubblico ufficiale quanto l’incaricato di pubblico servizio qualora inducano taluno a dare o
promettere indebitamente denaro o altra utilità, realizzeranno il diverso reato di “Induzione indebita a dare o
promettere utilità” (art. 319 quater c.p.).
Il risultato, ricavabile dal dato letterale, appare il seguente: ora l’incaricato di pubblico servizio che costriga
taluno alla dazione non è più perseguibile, non più a sensi art. 317 c.p. e neppure in base al nuovo art. 319-
quater.
Esaminiamo le modifiche ai reati di Corruzione per un atto d’ufficio (art. 318 c.p.) e Istigazione alla
corruzione (art. 322 c.p.):
si evidenzia come il legislatore si sia discostato, quanto alle finalità della dazione o promessa,
– sia dalla precedente impostazione che così disponeva: “per compiere un atto del suo ufficio”,
– sia da quanto previsto dalla Convenzione di Strasburgo che impone, agli artt. 2 e 3, di considerare reato la
corruzione attiva e passiva in caso di promesse, offerte o dazioni fatte affinchè il pubblico ufficiale “compia
o si astenga dal compiere un atto nell’esercizio delle sue funzioni”.
Oggi sono puniti ai sensi degli artt. 318 e 322 c.p.:
– il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che riceva indebitamente la dazione o la promessa
(318 c.p.) o che solleciti la dazione o promessa (322 co. 3 c.p.) semplicisticamente “per l’esercizio delle sue
funzioni o dei suoi poteri” e
– chiunque offra o prometta la dazione al pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (322 co. 1 c.p.)
“per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”.
E’ evidente che tale modifica non è solo terminologica, ma è sostanziale perchè slega la condotta delittuosa
dal compimento di un atto.
E’ invece utilizzata una formula più ampia, ma sicuramente dai contorni alquanto sfumati, che determinerà
non pochi problemi interpretativi nell’applicazione della fattispecie normativa ai casi concreti.
Corruzione tra privati
L’art. 1 co. 76 L. 190/2012 modifica l’art. 2635 c.c. e introduce il reato di “corruzione tra privati”.
In realtà è una costruzione più nominale-concettuale di corruzione tra privati, che reale e sostanziale.
Infatti, anche sul punto appare chiaro che il legislatore si è discostato dal dettato della Convenzione di
Strasburgo, rimanendo legato nella sostanza al precedente reato di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa
di utilità” di cui al vecchio art. 2635 c.c.
La Convenzione di Strasburgo impone agli Stati firmatari, in base agli artt. 7 e 8, la punizione come reato
della corruzione attiva e passiva nel settore privato, intesa in comportamenti di promessa, offerta o dazione,
sollecito e ricezione di un vantaggio indebito, per sé o per terzi, in capo a persone che dirigano o lavorino in
un ente privato, affinchè questi compiano o si astengano dal compiere un atto in violazione dei loro doveri.
Il legislatore italiano nella L. 190/2012 ha invece disposto che il reato si perfeziona solo quando il soggetto
compie od omette in concreto atti in violazione dei propri obblighi e alla società derivi di fatto un
nocumento.
Non si tratta dunque di vera corruzione tra soggetti privati, ma di un “reato societario”, essendo solo una
violazione nei rapporti tra soggetto ed ente per cui opera.
Mentre la Convenzione di Strasburgo intende punire il comportamento di chi dia o prometta il vantaggio
indebito e di chi riceva la dazione o promessa del vantaggio stesso al fine di compiere un atto contrario ai
propri doveri,
oggi nell’art. 2635 c.c., come novellato, il reato sussiste solo se chi riceve il vantaggio indebito viene meno
ai propri obblighi verso la propria società e se causa un nocumento alla società stessa, altrimenti l’atto
corruttivo non è perseguito.
Il reato così come previsto dal legislatore italiano non è perciò diretto a garantire un comportamento etico sul
mercato e nella concorrenza.
L’unico segnale positivo in tale ultima direzione, a nostro avviso di scarso effetto pratico, si rinviene solo
nella previsione di procedibilità d’ufficio qualora dal reato derivi una distorsione della concorrenza.
Osservazioni ed interrogativi s’impongono per la corruzione tra privati sul lato attivo del corruttore: la
norma novellata prevede “Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo o secondo
comma è punito…”
A quale fine deve essere data o promessa l’utilità perché si configuri il reato?
Serve che sia compiuto od omesso un atto da parte del corrotto, in violazione dei propri obblighi, perché il
corruttore sia punito?
Deve derivare in concreto un nocumento alla società del corrotto?
Nulla dice in merito l’infelice formulazione della norma, che dovrà perciò trovare un correttivo normativo o
quantomeno giurisprudenziale.
Estensione dei reati presupposto causa di Responsabilità Amministrativa D.Lgs. 231/01
E’ importante interpretare correttamente il significato strategico per le imprese che emerge dal testo
normativo della L. 190/2012, art. 1 co. 77, in tema di estensione dei reati presupposto della Responsabilità
Amministrativa.
L’art. 1 co. 77 L. 190/2012 introduce tra i reati presupposto della Responsabilità Amministrativa D.Lgs.
231/01:
– all’art. 25 D.Lgs. 231/01 il reato di “Induzione indebita a dare o promettere utilità” (art. 319-quater c.p.)
– e alla nuova lettera s-bis dell’art. 25-ter il reato di “Corruzione tra privati”, quanto alla sola condotta
attiva del corruttore (art. 2635 co. 3 c.c.).
L’introduzione nel D.Lgs. 231/01 dell’art. 319 quater c.p., in realtà, nulla innova, in quanto la condotta ora
prevista come reato presupposto era già contemplata dal vecchio art. 317 c.p. che già costituiva reato
presupposto.
Vero nuovo reato presupposto è invece la “Corruzione tra privati” dal lato attivo del corruttore, prevista
dall’art. 2635 co. 3 c.c., con le problematiche già sopra esaminate circa i confini esatti di tale condotta
delittuosa.
Appare chiara la ragione per cui non è invece stato previsto l’inserimento tra i reati presupposto della
corruzione passiva tra privati. La formulazione della norma da parte del legislatore italiano, in contrasto
con la Convenzione di Strasburgo, richiede che il fatto determini un nocumento alla società del corrotto
perché si perfezioni il reato.
Dunque, dalla condotta reato è escluso l’interesse o il vantaggio dell’ente che è invece danneggiato e, di
converso, sussiste un interesse esclusivo del soggetto agente-corrotto (art. 5 co. 2 D.Lgs. 231/01).
Ancora una volta il legislatore è intervenuto con un’ennesima estensione dei reati presupposto, ormai
innumerevoli, della Responsabilità Amministrativa di società ed enti.
Documenti: