Il D.Lgs. 24/2023, in attuazione della direttiva UE 2019/1937, ha introdotto l’obbligo per le imprese italiane, sia del settore pubblico che del settore privato, di istituire dei canali ed adottare una Procedura per la gestione delle segnalazioni (c.d. Whistleblowing).

La norma disciplina un aspetto della vita aziendale del tutto nuovo per la maggior parte delle realtà produttive, in quanto la tutela del segnalante dal 2017 ad oggi era prevista solo per le società che avevano adottato il Modello 231 e per le società del settore pubblico.

La maggior parte delle società dovrà quindi attivarsi per adottare canali di segnalazione ed una Procedura che rispettino i parametri dettati dal legislatore. Le società dotate di Modello 231 dovranno invece rivalutare la Procedura in essere al fine di recepire le novità in materia dettate dal D.Lgs. 24/2023.

I punti nodali concernono: ampliamento della platea di soggetti segnalanti, ampliamento degli illeciti oggetto di segnalazione, istituzione della funzione del “facilitatore”, canali di segnalazione interna e possibilità di effettuare segnalazioni esterne, divulgazioni pubbliche, adeguamento del sistema privacy.

Con riferimento ai soggetti segnalanti la nuova norma estende l’ambito di applicazione soggettiva, includendo un’ampia platea di figure, comprensiva di lavoratori e collaboratori, di “azionisti” e persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, ma anche di lavoratori autonomi, liberi professionisti, consulenti e volontari che abbiano appreso la notizia della commissione di un illecito nell’ambito del rapporto con la società.

Gli illeciti che possono essere segnalati non riguardano più solo quelli previsti dal D.Lgs. 231/01 e, per le realtà pubbliche, dal D.Lgs. 165/2001, ma sono ricompresi, a seconda della specifica realtà e settore, illeciti amministrativi, civili, penali in senso ampio, illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione e nazionali in vari settori (protezione dei dati personali, tutela dell’ambiente, protezione dei consumatori, prevenzione del riciclaggio, sicurezza e conformità dei prodotti, salute pubblica, concorrenza ed aiuti di Stato, etc.), illeciti che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

Il “facilitatore” è un soggetto inserito nel contesto lavorativo del segnalante con la funzione di aiutare il medesimo nel processo di segnalazione ed al quale vengono garantite le medesime tutele.

Quanto ai canali di segnalazione interna, oltre a quelli già esistenti (e-mail o cartacea) si prevede espressamente la possibilità di effettuare la segnalazione in forma orale mediante linee telefoniche o in occasione di incontri dedicati. Inoltre, è stata introdotta la possibilità di effettuare segnalazioni esterne rivolte direttamente all’ANAC, per le ipotesi in cui la società non abbia adottato canali di segnalazione, la segnalazione interna non sia stata gestita, il segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la segnalazione interna non sarebbe gestita o porterebbe a ritorsioni, il segnalante ritenga vi sia un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

Ulteriore novità è la possibilità per il segnalante di divulgare pubblicamente l’oggetto della segnalazione. In questa ipotesi la tutela è accordata al ricorrere di una delle seguenti condizioni: è stata effettuata una segnalazione esterna alla quale non è stato dato riscontro, il segnalante ritenga vi sia un pericolo imminente per il pubblico interesse, il segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna non sarebbe gestita o porterebbe a ritorsioni.

È esclusa dall’ambito di applicazione della norma la previsione di segnalazioni esterne o divulgazione pubblica per le società dotate di Modello 231 con meno di 50 dipendenti.

Infine la società dovrà integrare il proprio sistema privacy quanto alla gestione dei dati relativi al segnalante ed alle segnalazioni.

La gestione delle segnalazioni dovrà essere gestita da una persona od ufficio dedicato e con personale adeguatamente formato oppure da un terzo esterno.

La norma si applica:

– a tutte le società che hanno impiegato nell’anno precedente una media di almeno 50 dipendenti;

– a tutte le società dotate di Modello di organizzazione e gestione 231 indipendentemente dal numero di dipendenti;

– a tutte le società, indipendentemente dal numero di dipendenti, che rientrino nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione concernenti servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo o sicurezza nei trasporti.

Il legislatore ha previsto due termini differenti per l’adozione della Procedura e del sistema di gestione delle segnalazioni:

– il 15 luglio 2023 per le società con almeno 250 dipendenti e le società del settore pubblico;

– il 17 dicembre 2023 per le società fino a 249 dipendenti.

Le attività di verifica sull’adozione e adeguatezza della Procedura saranno svolte dall’ANAC.

In caso di mancata adozione o inadeguatezza della Procedura è prevista una sanzione che va da un minimo € 10.000 ad un massimo di € 50.000.

Al presente link è disponibile il testo  del D.Lgs. 231/01 aggiornato con la nuova fattispecie di reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti introdotto nell’art. 25-ter dal D.Lgs. 19/2023.

In particolare si tratta del delitto di false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla  normativa attuativa della Direttiva (UE) 2019/2121 in tema di trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere.

Al presente link è disponibile il testo  del D.Lgs. 231/01 aggiornato con le nuove fattispecie di reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti.

In particolare si tratta degli artt. 25-septiesdecies “Delitti contro il patrimonio culturale” e 25-duodevicies “Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici”.

Il 22 marzo 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 22 del 9 marzo 2022 “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”.

La Legge n. 22/2022 introduce nel codice penale il Titolo VIII-bis “Dei delitti contro il Patrimonio culturale” e nel D.Lgs. 231/01 i nuovi artt. 25-septiesdecies “Delitti contro il patrimonio culturale” e 25-duodevicies “Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici”.

L’articolo 25-septiesdecies comporta l’ampliamento dei reati presupposto accogliendo tra questi anche le fattispecie di cui agli articoli:

– 518-bis c.p. “Furto di beni culturali”

– 518-ter c.p. “Appropriazione indebita di beni culturali”

– 518-quater c.p. “Ricettazione di beni culturali”

– 518-octies c.p. “Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali”

– 518-novies c.p. “Violazioni in materia di alienazione di beni culturali”

– 518-decies c.p. “Importazione illecita di beni culturali”

– 518-undecis c.p. “Uscita o esportazione illecite di beni culturali”

– 518-duodecies c.p. “Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali e paesaggistici”

– 518-quaterdecies c.p. “Contraffazione di opere d’arte”.

In caso di commissione di uno dei sopracitati reati è sempre possibile l’applicazione delle sanzioni interdittive previste all’art. 9, comma 2, D.Lgs. 231/01 per la durata massima di due anni.

L’ 25-duodevicies prevede invece la responsabilità dell’Ente in caso di commissione dei reati di cui agli articoli:

– 518-sexies c.p. “Riciclaggio di beni culturali”

– 518-terdecies c.p. “Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici”.

Inoltre, il medesimo articolo sanziona con l’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività, ex art. 16, comma 3 D.Lgs. 231/01, l’Ente o una sua unità organizzativa che sia stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti di riciclaggio, devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici.

Per gli Enti che hanno adottato un Modello di organizzazione e gestione vi è ora la necessità di eseguire una nuova valutazione dei rischi reato presupposto ricomprendendo anche le nuove fattispecie. Sicuramente data la particolarità delle fattispecie di reato l’esposizione al rischio sarà riscontrabile all’interno di Enti che svolgono specifiche attività quali ad esempio organizzatori di eventi espositivi, società di trasporti, soggetti che operano nella vendita o intermediazione di opere, case d’asta.

Si evidenzia l’importanza dell’aggiornamento dei Modelli 231 al fine di garantire all’Ente la massima tutela.

Si riporta al presente link il testo della norma aggiornato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, che ha introdotto le seguenti nuove fattispecie di reato presupposto della Responsabilità 231:

  • all’art. 24 D.Lgs. 231/01: art. 356 c.p. Frode nelle pubbliche forniture;
  • all’art. 24 D.Lgs. 231/01: art.  2 della L. 898/1986 Aiuti comunitari al settore agricolo;
  • all’art. 25 D.Lgs. 231/01: art. 314, comma 1, c.p. Peculato;
  • all’art. 25 D.Lgs. 231/01: art. 316 c.p. Peculato mediante profitto dell’errore altrui;
  • all’art. 25 D.Lgs. 231/01: art. 323 c.p. Abuso d’ufficio;
  • all’art. 25-quinquiesdecies D.Lgs. 231/01: art. 4 D.Lgs. 74/2000 Dichiarazione infedele; il reato presupposto sussiste se commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro;
  • all’art. 25-quinquiesdecies D.Lgs. 231/01: art. 5 D.Lgs. 74/2000 Omessa dichiarazione; il reato presupposto sussiste se commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro;
  • all’art. 25-quinquiesdecies D.Lgs. 231/01: art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 Indebita compensazione; il reato presupposto sussiste se commesso nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro;
  • introduzione nel D.Lgs. 231/01 dell’art. 25-sexiesdecies Contrabbando, in relazione ai reati presupposto di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale.

 

A cura degli Avv.ti Alberto Tenca e Anna Di Lorenzo con la collaborazione della Dott.ssa Ambra Pinton

Dal 25 dicembre 2019 è in vigore il D.L. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. 157/2019, che ha introdotto nel D.Lgs. 231/2001 l’art. 25 quinquiesdecies, concernete i “reati tributari”.

Si tratta della prima introduzione nel D.Lgs. 231/2001 di reati in materia tributaria e, come si potrà notare il D.L. 124/2019 ha subito, in fase di conversione, rilevanti modifiche quanto al novero dei reati presupposto, il quale è stato ampliato da una a cinque fattispecie.

Il nuovo art. 25 quinquiesdecies prevede la punibilità per l’ente in relazione alla commissione dei delitti di cui al D.Lgs. 74/2000, di:

a) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2, comma 1 (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote);

b) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2, comma 2-bis (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote);

c) dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall’articolo 3, (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote);

d) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 1, (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote);

e) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 2-bis, (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote);

f) occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10, (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote);

g) sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’articolo 11, (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote).

Un’aggravante opererà nel caso in cui, in seguito alla commissione di uno di questi reati, l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità.

In ogni caso le conseguenze per l’ente sono aggravate dall’applicabilità delle sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c)d) ed e) D.Lgs. 231/01: divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi.

È quindi necessario che società ed enti si attivino per aggiornare i Modelli 231 al fine di prevenire i nuovi rischi reato, analizzando e valutando i comportamenti mediante i quali potrebbero incorrere nella commissione di tali reati ed intervenendo sui protocolli di prevenzione. Occorrerà in particolare verificare l’utilità ed idoneità di regole e protocolli esistenti (quali, ad esempio, quelli relativi ai processi di acquisto e vendita di beni e servizi e di gestione delle risorse finanziarie) ed eventualmente predisporne di nuovi e specifici.

La Legge di delegazione europea n. 117 del 4 ottobre 2019, con la quale il Governo è stato delegato a “integrare le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea e che non sono già compresi nelle disposizioni del medesimo decreto legislativo”, come noto, aveva già posto le premesse per l’ingresso nel D.Lgs. 231/01 di reati tributari, perlomeno entro i limiti di quanto potesse considerarsi effettivamente lesivo degli interessi finanziari dell’Unione europea secondo la Direttiva (UE) 2017/1371 (si veda nostro precedente commento).

Nelle more dell’attuazione di tale delega, il Governo è ora intervenuto con il Decreto Legge n. 124 del 26 ottobre 2019 (cd. Decreto Fiscale), che, all’art. 39, comma 2, va ad aggiungere dopo l’articolo 25-quaterdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231  il seguente: Art. 25-quinquiesdecies (Reati tributari). – 1. In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.”.

Tale intervento, che appare slegato da ogni valutazione di effettiva lesione degli interessi dell’Unione europea, introdurrebbe pertanto e per la prima volta una fattispecie di reato tributario tra i reati presupposto della Responsabilità 231.

Usiamo il condizionale, in quanto l’art. 39, comma 3 del Decreto Fiscale, prevede espressamente che “Le disposizioni di cui ai commi 1 a 2 hanno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto.”

Sarà dunque necessario attendere la legge di conversione e quanto in essa sarà previsto, auspicando che il Legislatore voglia valutare un diverso approccio, intervenendo in materia unitaria ed organica sul tema dell’introduzione dei reati presupposto tributari nel D.Lgs. 231/01, anche in attuazione della Legge di delegazione europea. Ciò consentirebbe, chiaramente, alle imprese di affrontare in maniera sistematica l’intera materia nell’ambito dei Modelli di Organizzazione e Gestione.

 

a cura dell’Avv. Anna Di Lorenzo e dell’Avv. Elena Zaggia

Negli ultimi tempi si è molto discusso della introduzione, nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/01, dei reati Tributari.

Il tema è tornato vivo con il Disegno di Legge per il recepimento della Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017 (cosiddetta PIF) che ha per oggetto “…(le) norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, al fine di rafforzare la protezione contro reati che ledono tali interessi finanziari, in conformità dell’acquis dell’Unione in questo settore.” (art. 1).

Per quanto riguarda gli “interessi finanziari dell’Unione”, la Direttiva li definisce all’art. 2: “…tutte le entrate, le spese e i beni che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in virtù: i) del bilancio dell’Unione; ii) dei bilanci di istituzioni, organi e organismi dell’Unione istituiti in virtù dei trattati o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e controllati” ed al secondo comma precisa “In materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA, la presente direttiva si applica unicamente ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’IVA. Ai fini della presente direttiva, i reati contro il sistema comune dell’IVA sono considerati gravi qualora le azioni od omissioni di carattere intenzionale secondo la definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera d), siano connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 000 000 EUR.

Ma quali sono le fattispecie realmente interessate da questa previsione di adeguamento?

La disciplina europea stabilisce l’obbligo per ciascuno Stato membro di introdurre, ove già non vigenti, appositi reati volti a sanzionare le “frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione“.

Agli artt. 3, 4 e 5 sono previste una serie di fattispecie (tra cui frodi che ledono gli interessi finanziari dello stato, riciclaggio, corruzione attiva e passiva, appropriazione indebita) che la legislazione italiana già disciplina.

La novità che qui rileva consiste nell’obbligo di introdurre la responsabilità delle “persone giuridiche”, (la cui definizione si può trovare all’art. 2 co. 1 lett. b) “si intende per «persona giuridica» qualsiasi entità che abbia personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.”) per le fattispecie, tra le altre, di cui all’art. 3.

La portata della modifica introdotta potrebbe essere dirompente.

In realtà non va dimenticato, come sopra detto, che la disciplina europea “in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA” impone l’obbligo di criminalizzazione soltanto per le fattispecie che vengano considerate “gravi”, come riportato dall’art. 2, in quanto:

  • le azioni od omissioni siano connesse al territorio di due o più Stati membri;
  • comportino un danno per l’Unione di almeno € 10.000.000,00.

Dal Disegno di Legge dello Stato Italiano per il recepimento della Direttiva PIF, approvato dalla Camera dei Deputati in data 13 novembre 2018 e presentato al Senato con Disegno di Legge n. S.944, non si riscontrano al momento suggerimenti da parte del legislatore sulla reale portata della suddetta estensione dei reati presupposto 231, dato che lo stesso ha operato un totale rimando al testo della normativa europea.

Alla luce di tali specificazioni, quindi, può affermarsi che, a seconda di come venga interpretata la “clausola di gravità“, l’introduzione dei reati tributari (con particolare riferimento all’omesso versamento dell’IVA) nell’alveo dei reati presupposto della responsabilità degli enti, potrebbe interessare: o società dal significativo “fatturato” in un determinato Stato membro dell’Unione Europea, o società dalla struttura mediamente complessa, con ingenti attività commerciali in più Paesi europei e/o con almeno una sede secondaria in altri Stati dell’Unione.

Non vi è che da restare in attesa della presa di posizione del legislatore italiano sul punto.