Monthly Archives: Settembre 2014

La sentenza emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione Penale nel caso ThyssenKrupp, depositata il 18 settembre 2014, con le sue 214 pagine, rappresenta indubbiamente la pronuncia di maggior importanza nel panorama giurisprudenziale recente, sia per la vastità ed eterogeneità degli argomenti affrontati, sia per la fondamentale importanza degli stessi.

La sentenza, con la suddivisione indicizzata in capitoli e con la sua particolare chiarezza espositiva, si presenta come un manuale prezioso per l’avvocato penalista.

L’interesse per tale pronuncia va ben al di là dell’ormai nota questione concernente la demarcazione tra “colpa cosciente” e “dolo eventuale”, che costituisce soltanto una delle molte questioni  su cui le Sezioni Unite si concentrano.

Di enorme rilievo sono, ad esempio, i capitoli della motivazione che si occupano della prova del nesso di causalità nelle condotte colpose omissive.
Sul punto la nuova sentenza si offre come nuovo pilastro di riferimento che viene a sostituirsi alla famosa e sinora intoccata Sentenza Franzese del 2002, con risvolti non trascurabili nell’affrontare processi per fattispecie colpose di qualsivoglia genere, dalla sicurezza sul lavoro, alla responsabilità medica.
Le Sezioni Unite dichiarano espressamente, con riferimento alla pronuncia Franzese, che da essa “non di rado si traggono principi ed enunciazioni opposte” e che “ad oltre dieci anni da tale importante e condivisa pronunzia, si pone, in conseguenza, la necessità di una breve messa a fuoco ed attualizzazione di alcune questioni di principio, anche alla luce della recente esperienza giuridica” (pag. 91 e ss.).
L’ottica argomentativa, enunciata a pag. 98, è quella di rendere “praticabile il giudizio di imputazione dell’evento, allontanando la prospettiva di indiscriminata impunità anche per condotte omissive gravemente trascurate e dannose” mediante il concetto di “corroborazione dell’ipotesi”.

Importanza e chiarezza degne di nota traspaiono anche dalle argomentazioni concernenti Le posizioni di garanzia” in materia di sicurezza sul lavoro.
Le Sezioni Unite affermano la necessità di “arginare l’eccessiva forza espansiva dell’imputazione del fatto determinata dal condizionalismo”, di “tentare di limitare, separare le sfere di responsabilità, in modo che il diritto penale possa realizzare la sua vocazione ad esprimere un ben ponderato giudizio sulla paternità dell’evento illecito” ed ancora di “tentare di governare tali intricati scenari, nella già indicata prospettiva di ricercare responsabilità e non capri espiatori”.
Di rilievo anche l’affermata demarcazione tra soggetti garanti che “hanno un’originaria sfera di responsabilità che non hanno bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto” e soggetti delegati ex art. 16 D.Lgs. 81/08.

Da ultimo, per successione delle argomentazioni, ma non per importanza, la questione delleResponsabilità da reato dell’ente”, affrontata sotto vari profili, dalla natura di detta responsabilità quale tertium genus con “evidenti ragioni di contiguità con l’ordinamento penale“, ai criteri di imputazione dell’ente, con particolare riguardo all’interesse e vantaggio nei reati colposi, concetti che “vanno di necessità riferiti alla condotta e non all’esito antigiuridico”.
Segue, infine, una presa di posizione in merito al profitto confiscabile, individuabile anche nel “risparmio di spesa”.

Cliccare qui per il testo della Cass. Pen. S.U. 38343_2014, tratto dal sito www.cortedicassazione.it

 

 

Con la sentenza n. 37712/2014 della Cassazione Penale, Sezione II, depositata il 15 settembre 2014, la Suprema Corte ribadisce alcuni importanti principi in materia di presupposti per l’applicazione all’ente di una misura cautelare interdittiva ex D.Lgs. 231/01 (nella specie il “divieto di contrattare con la P.A. per un anno”).

Quanto al requisito di cui all’art. 13 co. 1 lett. a) D.Lgs. 231/01, che prevede quale condizione di applicabilità delle sanzioni interdittive e, quindi, anche della loro applicazione in via cautelare, il fatto che l’ente abbia tratto “un profitto di rilevante entità”, la Corte ha ribadito il principio secondo cui “la nozione di profitto di rilevante entità ha un contenuto più ampio di quello di profitto inteso come utile netto, in quanto in tale concetto rientrano anche vantaggi non immediati, comunque conseguiti attraverso la realizzazione dell’illecito”.
La Suprema Corte ricorda anche il pacifico principio di alternatività di tale condizione con quella di cui alla lett. b)  del medesimo art. 13 concernente la “reiterazione degli illeciti”.

Meritevole di maggior attenzione è quanto sostenuto nella sentenza relativamente alla valutazione di permanenza del “periculum” di commissione di nuovi illeciti (condizione ex art. 45 co. 1 D.Lgs. 231/01 per l’applicazione della misura) in caso di estromissione e sostituzione degli amministratori.
Già nel 2006, con sentenza Cass Pen VI n. 32626/2006, la Suprema Corte aveva affermato che “la sostituzione o l’estromissione degli amministratori coinvolti possa portare ad escludere la sussistenza del periculum richiesto dall’art. 45 cit., ma a condizione che ciò rappresenti il sintomo che l’ente inizi a muoversi verso un diverso tipo di organizzazione, in cui sia presente l’obiettivo di evitare il rischio reato“.
La nuova sentenza n. 37712/2014 applica tale principio nel valutare il caso posto alla sua attenzione, offrendo importanti spunti di riflessione.

Secondo la Suprema Corte “Per quanto riguarda il cambio di amministratore (non è più l’indagato…)… si sottolinea come tale cambio sia strumentale alla presentazione dell’appello data la stretta “contiguità temporale tra i due eventi” e per il fatto che nel verbale di assemblea non sono spiegate le ragioni di tale sostituzione nè vengono indicate le competenze e professionalità del nuovo amministratore appena trentenne. Il Tribunale, inoltre, osserva che nella denominazione sociale permane il riferimento a …. e che non vi è alcuna prova che questi sia uscito dal gruppo e non abbia più alcuna influenza su di esso”.

Con tale sentenza vengono pertanto offerte, a contrariis, alcune indicazioni essenziali per l’ente che voglia ottenere il riconoscimento di esclusione del “periculum” mediante un cambio organizzativo nel vertice:

– prestare attenzione al momento di tale cambiamento, che può costituire sintomo di strumentalità se fatto contestualmente alla presentazione dell’appello;

– motivare in seno al verbale di assemblea le ragioni del cambiamento;

– scegliere con attenzione il nuovo vertice, in considerazione delle competenze, professionalità ed esperienza del soggetto nominato.

Sicuramente più complicato ed, a nostro parere eccessivo, è quanto rilevato in relazione al permanere del riferimento al soggetto indagato “nella denominazione sociale” ed alla carenza di prova del fatto che egli non abbia più alcuna influenza.
Riteniamo che richiedere, per la valutazione di esclusione del “periculum”, persino un cambio di denominazione sociale ed una difficilissima prova negativa di assenza di influenza del soggetto, porti a vanificare in concreto il lodevole comportamento dell’ente che intenda effettivamente dare prova di un cambio di rotta verso la legalità e prevenzione da reato.

Un ultimo aspetto di interesse della pronuncia, che lascia non poche perplessità, riguarda l’utilizzabilità in seno al procedimento 231 dello strumento di indagine e prova costituito dalle “intercettazioni telefoniche”.
Molti i dubbi sollevati in dottrina sull’utilizzabilità probatoria di tale strumento per la valutazione di responsabilità dell’ente, alla luce dei limiti di ammissibilità di cui all’art. 266 c.p.p. e dei limiti espressi dall’art. 270 c.p.p. per l’utilizzabilità delle intercettazione “in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti”.
Di fatto, abbiamo spesso assistito all’utilizzazione processuale delle intercettazioni, ove consentite alla luce del tipo di reato presupposto, in relazione alla prova della commissione del reato o per la valutazione degli indizi di commissione dello stesso a fini cautelari, anche nei confronti dell’ente chiamato a rispondere ex D.Lgs. 231/01 (vedasi ad es. Trib. Gorizia – GIP -ordinanza 22.7.2013).
La sentenza in commento va oltre, dando espressamente atto dell’utilizzo delle intercettazioni telefoniche non soltanto in relazione alle valutazioni sulla commissione o meno dei reati in ordine ai quali sono state disposte, ma altresì per supportare il giudizio di sussistenza  di condizioni per l’applicazione di misure cautelari proprie e peculiari del procedimento 231: “intercettazioni telefoniche che confermano la sussistenza del concreto pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede… solo grazie alle intercettazioni è stato possibile scoprire l’inganno posto in essere dalla società ricorrente e iniziare così l’attuale procedimento”.

 

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DECRETO 3 giugno 2014, n. 120  Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali.
(GU Serie Generale n.195 del 23-8-2014)

Il 7 settembre 2014 è entrato in vigore il Decreto che ha emanato il Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali.

Il Regolamento, tra le varie disposizioni, indica anche requisiti e condizioni per l’iscrizione all’Albo.

Si evidenzia che le iscrizioni all’Albo e le garanzie prestate restano valide fino alla loro scadenza come espressamente previsto all’art. 26:

1. Le iscrizioni relative alle attività  di  cui  all’articolo  8, comma 1, effettuate alla data  di  entrata  in  vigore  del  presente decreto, nonchè  le  garanzie  finanziarie  già prestate,  restano  valide ed efficaci fino alla loro scadenza.

2. Le iscrizioni effettuate ai  sensi  dell’articolo  8,  comma  1, lettere b) e c), del regolamento 28 aprile 1998, n.  406,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1998, n.  276,  in  essere  alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, rimangono valide ed efficaci fino alla scadenza delle stesse.  

3. Restano, altresì, valide ed efficaci le domande  di  iscrizione presentante fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Fino  alla  emanazione  delle  disposizioni  di  competenza  del Comitato nazionale, restano valide  le  disposizioni  adottate  dallo stesso organo alla data di entrata in vigore del presente decreto. … …

Cliccare qui per visualizzare il testo del Decreto 3.6.2014 n. 120

Dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale, che con sentenza n. 10561/2014 hanno dichiarato “irrazionale” l’assenza dei reati tributari dall’elenco dei reati presupposto della Responsabilità 231, è ora alla Camera un disegno di legge per l’introduzione nel D.Lgs. 231/01 di un art. 25-terdecies volto a colmare tale “irrazionale” lacuna.

Il DDL n. 2400, assegnato in data 4.9.2014 alla Commissione Giustizia, propone di introdurre tra i reati presupposto della Responsabilità 231 quelli sanzionati agli articoli:

– art. 2 co. 1, 3 e 8 D.Lgs. 74/2000

– art. 4 D.Lgs. 74/2000

– art. 5 co. 1 D.Lgs. 74/2000

– artt. 10, 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000

– art. 11 co. 1 e 2 D.Lgs. 74/2000

con previsione di sanzioni pecuniarie gravi e, per alcuni di essi, di sanzioni interdittive, come noto applicabili anche in via cautelare.

Sarà interessante seguire l’iter di tale proposta di legge.

Cliccare qui per il testo del DDL 2400/14