Con sentenza n. 10265 emessa dalla Sezione V della Corte di Cassazione Penale, pubblicata il 4.3.2014, la Suprema Corte affronta, nella prima parte della motivazione, il tema dell’interesse o vantaggio quali criteri alternativi di imputabilità dell’ente, in rapporto alla previsione di esclusione dalla responsabilità 231 nel caso in cui l’autore del reato abbia agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi” (art. 5 co. 2 D.Lgs. 231/01).
Prosegue la Corte soffermandosi ampiamente sulla nozione di “profitto” confiscabile.

Ciò che qui più interessa, lasciando per il resto alla lettura della sentenza (qui scaricabile: Cass.Pen. sez. V n. 10265/14) è un passaggio intermedio della sentenza in cui la Suprema Corte afferma il principio secondo cui, benchè l’art. 25 ter D.Lgs. 231/01, relativo ai Reati Societari, preveda l’applicazione delle indicate sanzioni qualora tali reati siano “commessi nell’interesse della società”, senza in alcun modo menzionare il diverso criterio del “vantaggio”, ciò nonostante anche per i Reati Societari vanno applicati i distinti autonomi criteri dell’interesse o del vantaggio, quali presupposti alternativi per l’affermazione di responsabilità dell’ente.

Si riporta di seguito il percorso logico seguito sul punto nella sentenza:

“A completamento dell’interpretazione del contesto normativo di riferimento, è necessario affrontare una ulteriore questione, solo incidentalmente evocata nel ricorso alle pp. 6 e 7. Infatti la responsabilità amministrativa di Italease è stata ritenuta, nel caso di specie, anche in riferimento ai reati presupposto di ostacolo alla vigilanza (art. 2638 c.c.) e false comunicazioni sociali (art. 2622 c.c.), entrambi contemplati nel catalogo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25 ter. Tale ultima disposizione, peraltro, a differenza del già citato comma 1 dell’art. 5, menziona il solo “interesse” quale criterio ascrittivo dell’illecito, scelta che potrebbe rivelare l’apparente intenzione legislativa di ridimensionare l’area della responsabilità dei soggetti collettivi in relazione ai reati societari. Ad una analisi più attenta, però, la disposizione non tarda a smentire ogni effettiva volontà di ripensamento strutturale dell’illecito nel caso questo consegua alla consumazione di un reato societario. Piuttosto sembra valere da indizio sistematico, in uno con la previsione del comma 2 dell’art. 5, alla comprensione dei due termini (interesse e vantaggio) come concettualmente autonomi e non di meno equivalenti espressivi di una funzionalità del comportamento criminoso individuale rispetto all’ottenimento di un risultato che avvantaggi l’attività sociale, nella quale, del resto, si trova racchiusa l’unica prospettiva di “interesse” concepibile in capo ad un soggetto giuridicamente organizzato.

L’art. 25 ter, infatti, è stato introdotto dalla riforma del diritto penale societario realizzata attraverso il D.Lgs. n. 61 del 2002, la cui Relazione, a proposito della disposizione in esame, espressamente precisa come la responsabilità degli enti collettivi per i reati societari sia stata configurata “nel rispetto dei principii contenuti nella L. 29 settembre 2000, n. 300 e nel D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231”, ribadendo in tal modo l’identica direttiva contenuta nella legge delega del D.Lgs. n. 61 del 2002 (L. n. 366 del 2001, art. 11). E sì vero che proprio la legge delega per prima ha poi menzionato esclusivamente l’interesse per descrivere il contesto imputativo dell’illecito, ma proprio la premessa da cui il legislatore delegante ha preso le mosse evidenzia l’assenza della volontà di configurare all’interno del D.Lgs. n. 231 del 2001 una sorta di sottosistema dedicato alla responsabilità da reato societario governato da regole autonome rispetto a quelle dettate nella parte generale del decreto.

E’ possibile quindi concludere ribadendo che la formulazione dell’art. 25 ter opera più apparentemente che sostanzialmente un allontanamento dai criteri di imputazione generale previsti dalla disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001, criteri che pertanto trovano applicazione anche in ambito societario, nonostante la dubbia tecnica di redazione del testo di legge”.

Approvata in via definitiva alla Camera la Legge sulla “DELEGA FISCALE”

L’utilità dell’adozione dei Modelli 231 da parte delle imprese, al di là dei benefici esimenti o diminuenti della Responsabilità Amministrativa, trova ulteriore conferma nel testo di Legge in esame, che all’art. 6 contiene la delega al Governo affinchè introduca norme che prevedano:

“per i soggetti di maggiori dimensioni, la previsione di sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio fiscale...” (art. 6 co. 1)

“incentivi sotto forma di minori adempimenti per i contribuenti e di riduzioni delle eventuali sanzioni, anche in relazione… ai criteri di limitazione e di esclusione della responsabilità previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231…” (art. 6 co. 2).

Di un anno il termine per l’adozione dei Decreti Legislativi di attuazione.

 

Il Dossier del Servizio Studi del Senato sull’A.S. n. 1058 “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” n. 63 dell’ottobre 2013 esprime chiaramente la convinzione che i Modelli di cui al D.Lgs. 231/01 “possono essere inquadrati a fondamento di un sistema integrato di controlli che consentano di gestire in modo efficiente e puntuale qualsiasi forma di rischio (compreso quello fiscale), offrendo all’imprenditore, ai soci e alla governance aziendale un vero e proprio sistema capace di monitorare l’attività dell’impresa”.

Il Dossier contiene anche un monito ben preciso agli imprenditori:

 “la necessità di creare modelli organizzativi… è stata interpretata dalle imprese e dagli enti interessati prevalentemente in modo negativo, quale ulteriore adempimento generatore di costi e responsabilità… Questo modo di interpretare la normativa ha portato le stesse a creare modelli organizzativi “di facciata” senza vedere in questi alcuna utilità diretta sul piano gestionale e strategico. La giurisprudenza, con sanzioni gravi, ha punito questo tipo di approccio disattendendo il modello, in quanto non creato a misura sull’impresa, ma copiato da prototipo soggettivamente inefficace”.

Cliccare qui per scaricare il dossier senato Delega Fiscale

E’ stato pubblicato il D.M. 13.2.2014, con il quale il Ministero del lavoro ha fornito indicazioni organizzative semplificate per le PMI che intendano adottare il Modello di Organizzazione e Gestione D.Lgs. 231/01, per la parte relativa alla sicurezza sul lavoro di cui all’art. 30 D.Lgs. 81/08.

E’ possibile scaricare il testo del Decreto e le Procedure semplificate cliccando sui seguenti link:

DM 13.2.2014

Procedure semplificate