CONSULTA: L’ENTE CHIAMATO A GIUDIZIO 231 NON E’ “COIMPUTATO”
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 218 del 9 luglio 2014, depositata il 18 luglio 2014 si è pronunciata affermando, tra l’altro, i seguenti principi:
– L’Ente chiamato a rispondere ai sensi del D.Lgs. 231/01 non può qualificarsi come “coimputato” con l’autore del reato presupposto;
– L’Ente chiamato a rispondere ai sensi del D.Lgs. 231/01 può essere citato nel medesimo procedimento come responsabile civile ex art. 83 c.p.p.
Il caso in sintesi
Il GUP presso il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 c.p.p. e del D.Lgs. 231/01 nella parte in cui “non prevedono espressamente e non permettono che le persone offese e vittime del reato non possano chiedere direttamente alle persone giuridiche ed agli enti il risarcimento in via civile e nel processo penale nei loro confronti dei danni subiti e di cui le stesse persone giuridiche e gli enti siano chiamati a rispondere per il comportamento dei loro dipendenti“.
Il GUP aveva rigettato la richiesta di costituzione di parte civile nei confronti dell’Ente nel procedimento 231, dopo aver investito la Corte di giustizia europea della decisione in merito alla compatibilità della norma italiana alla “Direttiva Europea sulla tutela delle vittime da reato”.
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La Corte di giustizia europea, con decisione del 12 luglio 2012 aveva infatti affermato che la norma italiana è compatibile con il Diritto Europeo in quanto nulla osta “a che, nel contesto di un regime di responsabilità delle persone giuridiche come quello in discussione nel procedimento principale, la vittima del reato non possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente causati allo stesso, nell’ambito del processo penale, alla persona giuridica autrice di un illecito amministrativo da reato“.
Il GUP, però, ha ritenuto di non poter accogliere neppure la richiesta di citazione dell’Ente come responsabile civile ex art. 83 c.p.p. sulla base dei seguenti passaggi logici:
– l’art. 83 c.p.p. escluderebbe la citazione quale responsabile civile di un soggetto coimputato nel medesimo procedimento penale;
– ciò costituirebbe una “garanzia” per l’imputato ed a norma dell’art. 35 D.Lgs. 231/01 tale disposizione relativa all’imputato si applicherebbe anche all’Ente;
– pertanto, neppure nei confronti dell’Ente tratto a giudizio ex D.Lgs. 231/01 sarebbe ammissibile la citazione quale responsabile civile.
Escluse, quindi, sia la possibilità di costituirsi parte civile contro l’Ente, sia la possibilità di citarlo quale responsabile civile, la vittima del reato non potrebbe ottenere ristoro dei danni subiti da parte dell’Ente in alcun modo.
La decisione della Consulta
La Corte Costituzionale, oltre a dichiarare inammissibile la questione come proposta sotto vari profili, critica il ragionamento del Giudice rimettente, affermando che:
– l’art. 83 c.p.p. non esclude che possa essere citato un coimputato quale responsabile civile, ma tale citazione è ammissibile sotto condizione, producendo effetti solo nel caso in cui il coimputato citato sia prosciolto od ottenga sentenza di non luogo a procedere;
– tale norma non è posta a “garanzia” dell’imputato, ma per evitare che lo stesso soggetto sia chiamato a rispondere civilisticamente per il medesimo fatto sia come autore, che come responsabile civile per la condotta del coimputato;
– comunque, l’Ente e l’autore del rato presupposto non possono qualificarsi “coimputati”.
Infatti, la Consulta evidenzia come “l’illecito ascrivibile all’ente costituisca una fattispecie complessa e non si identifichi con il reato commesso dalla persona fisica…, il quale è solo uno degli elementi che formano l’illecito da cui deriva la responsabilità amministrativa, unitamente alla qualifica soggettiva della persona fisica, alle condizioni perchè della sua condotta debba essere ritenuto responsabile l’ente e alla sussistenza dell’interesse o del vantaggio di questo. Ma se l’illecito di cui l’ente è chiamato a rispondere ai sensi del d.lgs. 231 del 2001 non coincide con il reato, l’ente e l’autore di questo non possono qualificarsi coimputati, essendo ad essi ascritti due illeciti strutturalmente diversi“.
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