L’Avv. Anna Di Lorenzo sarà relatrice alla conferenza in oggetto, organizzata dall’Ordine degli Avvocati di Udine.
La conferenza si terrà il 13 maggio 2016 ad ore 15.00, presso la Sala Scrosoppi, Viale Ungheria 22, Udine.
L’Avv. Anna Di Lorenzo sarà relatrice alla conferenza in oggetto, organizzata dall’Ordine degli Avvocati di Udine.
La conferenza si terrà il 13 maggio 2016 ad ore 15.00, presso la Sala Scrosoppi, Viale Ungheria 22, Udine.
L’Avv. Anna Di Lorenzo sarà relatrice nel Seminario di specializzazione organizzato da Euroconference dal titolo “Modello 231 e Sicurezza sul Lavoro”.
I soggetti della sicurezza
• I soggetti della sicurezza
• Il Datore di Lavoro: sviluppi giurisprudenziali
• La delega di funzioni e poteri (art. 16 D.Lgs 81/08)
• Utilità del Modello 231 per il Datore di Lavoro delegante
• Individuazione dei soggetti in base alle mansioni di fatto
I diversi compiti “normativi” dei soggetti della sicurezza
Rapporti tra Modello 231 e DVR
Tecniche di analisi del rischio reato presupposto
• Modalità operative per l’impostazione dell’analisi
• Come reperire le informazioni (documenti, interviste, check list)
• Individuazione ed analisi dei processi sensibili “sicurezza sul lavoro”
Protocolli specifici del Modello 231
• Le indicazioni dell’art. 30 D.Lgs. 81/08
• Standard minimi per le PMI (D.M. 13.2.2014)
• Individuazione dei soggetti coinvolti e contenuti
• Tecniche di redazione dei protocolli di prevenzione
• Previsione di flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza
• I sistemi di gestione, criteri di utilizzabilità
L’O.d.V.
• Composizione dell’O.d.V.
• Oggetto dell’attività di vigilanza
• Rapporti tra O.d.V. e RSPP
SEDI E DATE
| Bologna | AC Hotel | 7 giugno 2016 | ||
| Milano | Hotel Michelangelo | 22 giugno 2016 | ||
L’Avv. Alberto Tenca sarà relatore nel Seminario di specializzazione organizzato da Euroconference dal titolo “Procedimento penale per la Responsabilità Amministrativa degli Enti”.
La fase di indagini preliminari
• Prescrizione e decadenza in relazione all’illecito 231
• L’illecito commesso all’estero e quello commesso in Italia da Enti esteri
• Reati associativi quali veicolo della responsabilità 231 in relazione a reati non presupposto: posizioni giurisprudenziali a confronto
• Rappresentanza e costituzione dell’Ente tra incompatibilità normative e diritto di difesa
• Le misure cautelari: requisiti per la concessione e difesa dell’Ente
• Sequestro probatorio e conservativo
Il processo
• La costituzione di parte civile dell’Ente e nei confronti dell’Ente: i contrasti giurisprudenziali
• Compatibilità delle posizioni di Ente sottoposto a processo e di Responsabile civile per il fatto dell’imputato
• Strategie e tecniche difensive
– La difesa sul fatto reato presupposto e sull’illecito amministrativo di- pendente da reato
– Il Modello come essenziale strumento di difesa
– La prova dell’elusione fraudolenta del Modello
– La prova dell’esistenza ed operatività dell’OdV
• Il contenimento delle sanzioni
– L’ottenimento di “attenuanti”
– Come impedire sanzioni interdittive od ottenerne la conversione in sanzioni pecuniarie
• Procedimento 231 e procedure concorsuali
– Giudizio a carico dell’Ente fallito
– Legittimità del sequestro 231 in pendenza di procedure concorsuali
SEDI E DATE
| Bologna | ZanHotel Europa | 1 aprile 2016 | ||
| Milano | Hotel Michelangelo | 15 aprile 2016 | ||
| Roma | Centro Congressi Cavour | 17 giugno 2016 | ||
| Verona | DB Hotel | 20 maggio 2016 |
Gli Avv.ti Anna Di Lorenzo ed Alberto Tenca saranno relatori nel Seminario di specializzazione organizzato da Euroconference dal titolo “Modello 231”.
| INQUADRAMENTO DELLA NORMATIVA 231/01 Elementi essenziali della responsabilità utili per la redazione del modello • Criteri soggettivi e oggettivi d’imputazione della responsabilità • Interesse o vantaggio per l’Ente • Reati presupposto e recenti novità • Il ruolo del Modello nella difesa dell’Ente • Altre utilità del Modello 231REDAZIONE DEL MODELLO 231 Tecniche di analisi e valutazione dei rischi reato presupposto • Informazioni da acquisire per lo svolgimento dell’analisi – tipo di società e sistema di amministrazione – verifica delle deleghe organiche e di funzioni – valutazione delle mansioni di fatto – descrizione processi e modalità operative • Modalità di acquisizione delle informazioni • Individuazione ed analisi dei processi sensibili • Impostazione della mappatura del rischio reato • Discussione critica delle diverse tecniche di valutazione del rischio I protocolli di prevenzione: caratteristiche e suggerimenti operativi di redazione Protocolli specifici per la prevenzione Rapporto tra Modello 231, Piani Anticorruzione e Programmi per la Trasparenza AGGIORNAMENTO DEL MODELLO 231 PRATICA PROFESSIONALE |
SEDI E DATE
| Bologna | ZanHotel Europa | 30 giugno e 1 luglio 2016 | ||
| Milano | Hotel Michelangelo | 14 e 15 aprile 2016 | ||
| Roma | Centro Congressi Cavour | 16 e 17 giugno 2016 | ||
| Verona | DB Hotel | 19 e 20 maggio 2016 |
Seminario organizzato da SOIseminari che si terrà a Milano il 24 novembre 2015 ed a Roma il 10 dicembre 2015.
Il seminario avrà un taglio pratico-operativo e vedrà quali relatori gli Avv.ti Anna Di Lorenzo ed Alberto Tenca.
Le origini della “Delega di funzioni” ed i requisiti enucleati dalla giurisprudenza
L’istituto della “delega di funzioni”, come noto, ha origine giurisprudenziale e nasce dalla constatazione fattuale che nell’ambito di un’attività d’impresa e della sua organizzazione, a volte estesa e complessa, gli Amministratori si trovano spesso in condizioni di dover delegare a soggetti della propria struttura il compito di attendere a specifiche aree di attività, curando il rispetto degli obblighi normativi ad esse connessi.
La giurisprudenza, in ragione di tale constatazione, ha negli anni riconosciuto la possibilità di trasferire ad un delegato, unitamente a compiti e funzioni, le relative responsabilità penali sollevando da esse il vertice dell’impresa, che è di norma titolare di una “primaria posizione di garanzia” per tutto quanto avviene nello svolgimento delle attività imprenditoriali.
La Suprema Corte ha quindi enucleato, con orientamento divenuto costante, i requisiti a fronte dei quali una “Delega di funzioni” produce l’effetto di trasferire le responsabilità penali dal delegante al delegato, requisiti che l’atto di delega deve quindi possedere per avere una siffatta rilevanza in sede penale.
In sintesi, tali requisiti sono, o meglio erano sino ad oggi, i seguenti:
a) la delega deve essere puntuale, chiara ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale;
b) il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli;
c) il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze organizzative dell’impresa;
d) unitamente alle funzioni debbono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali, di intervento e di spesa;
e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo;
f) la delega deve essere liberamente ed espressamente accettata dal delegato.
In proposito, si indicano a titolo esemplificativo le seguenti pronunce, che hanno con chiarezza enunciato gli indicati requisiti: Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-05-2012) 27-06-2012, n. 25359, Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 27-07-2011, n. 29988, Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-01-2011) 23-02-2011, n. 6872.
Il recepimento normativo della “Delega di funzioni” nell’art. 16 D.Lgs. 81/08 – Effetti della scelta legislativa
Il primo, ed attualmente unico, recepimento normativo di tale percorso giurisprudenziale è avvenuto in materia di Salute e sicurezza sul lavoro, con l’art. 16 D.Lgs. 81/08.
In tale articolo il legislatore ha espressamente codificato i limiti e le condizioni della “Delega di funzioni”, evidenziando come sia necessario
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Il legislatore non ha, invece, inteso sancire l’ulteriore requisito elaborato in ambito giudiziale penale, consistente nella necessità che la delega sia giustificata in ragione di concrete esigenze organizzative e dimensionali.
Ci si è dunque interrogati se, in materia di Delega per la sicurezza sul lavoro, dopo l’avvento del D.Lgs. 81/2008, si dovesse o meno ancora ancorare l’efficacia della delega sul piano della responsabilità penale al requisito della sua necessità per ragioni dimensionali o organizzative.
Una prima risposta a tale interrogativo, pur formulata in termini non certi e ben lontana dall’assurgere a principio di diritto, poteva ricavarsi da un breve inciso contenuto nella nota pronuncia delle Sezioni Unite nel caso ThyssenKrupp.
In un passaggio di tale sentenza si legge, infatti: “La delega ha senso se il delegante (perché non sa, perché non può, perché non vuole agire personalmente) trasferisce incombenze proprie ad altri, cui attribuisce effettivamente i pertinenti poteri”.
Pur rimanendo il dubbio che tale inciso potesse essere mero frutto di una non voluta formulazione dialettica, non può certo non rilevarsi come lo stesso, nel suo tenore letterale, arrivi a giustificare e legittimare una “Delega di funzioni” fondata su di una mera scelta volontaria, indipendente da ragioni che ne impongano la necessità… la delega dunque avrebbe senso anche se il delegante la conferisse semplicemente “perchè non vuole agire personalmente”.
Ad esplicitare in maniera inequivoca il venir meno del requisito della necessità della “Delega di funzioni”, quale requisito di validità della stessa, è ora intervenuta la Sentenza Cass. Pen. Sez. III n. 27862 del 2.7.2015.
In tale pronuncia, innanzitutto, si legge: “L’attuale art. 16 del citato T.U. non contempla più tra i requisiti richiesti per attribuire efficacia all’atto di delega proprio quello della sua «necessità», essendo oggi pacificamente ammissibile in campo prevenzionistico l’attribuzione delle funzioni delegate anche in realtà di modesta entità organizzativa… il cd. requisito dimensionale, per espressa volontà legislativa… non costituisce più condizione o requisito di efficacia di una delega di funzioni“.
Ma la pronuncia in esame non si limita a questo, bensì estende gli effetti della scelta legislativa contenuta nell’art. 16 D.Lgs. 81/08 anche al di fuori dell’ambito che gli è proprio della sicurezza sul lavoro, per fare del venir meno del requisito della necessità della delega un principio generale, applicabile, nel caso di specie, anche alla materia ambientale: “il necessario rispetto del principio di non contraddizione… impone di rivisitare l’orientamento di legittimità formatosi con riferimento alla materia ambientale e ritenere, pertanto, non necessario anche in tale settore… il requisito della necessità della delega”.
La Suprema Corte, nella citata sentenza, afferma dunque il seguente principio di diritto: “In materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, tra i requisiti di cui è necessaria la compresenza non è più richiesto che il trasferimento delle funzioni delegate debba essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa”.
Possibili sviluppi interpretativi legati all’adozione ed attuazione del Modello di Organizzazione e Gestione 231
Si ritiene utile evidenziare come, secondo la costante opinione giurisprudenziale, una volta verificata la validità formale della delega, il conseguente effetto di trasferimento della responsabilità penale dal delegante al delegato, con liberazione del primo, sconta un’ulteriore limite:
il dovere del delegante di vigilare poi sul corretto esercizio della delega da parte del delegato.
In proposito, l’art. 16 co. 3 D.Lgs. 81/08, nel secondo periodo introdotto dal D.Lgs. 106/2009, prevede che tale obbligo di vigilanza “si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4”, quindi in caso di adozione ed attuazione di un Modello 231 con i requisiti richiesti dall’art. 30 D.Lgs. 81/08.
Il Legislatore ha quindi introdotto una presunzione di assolvimento dell’obbligo di vigilanza del delegante sul delegato connessa al Modello 231, obbligo la cui osservanza presenta spesso non poche difficoltà di prova.
Si tratta di un importantissimo riconoscimento normativo, che costituisce un altrettanto significativo sollecito all’adozione ed attuazione di tali Modelli, riconnettendosi ad essi l’effetto di determinare con maggior certezza lo spoglio da responsabilità penali del Datore di Lavoro in relazione alle funzioni delegate.
Ma una simile presunzione di “avvenuta vigilanza” determinata dall’esistenza ed operatività del Modello 231 non costituisce una novità nel nostro ordinamento, essendo già insita nel disposto di cui all’art. 7 D.Lgs. 231/01.
Tale ultima norma, infatti, in relazione alla Responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi da soggetti sottoposti, dispone:
“1. Nel caso previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera b), l’ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
2. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.”
E’ dunque evidente che il Legislatore ha voluto, in diverse occasione e nell’ambito di diversi sistemi normativi, riconoscere al Modello 231 l’efficacia di costituire prova e presunzione dell’operatività concreta di misure di vigilanza e controllo in seno ad un’organizzazione imprenditoriale.
Se si considera quanto sopra e si prende in debita considerazione la pronuncia della Suprema Corte in commento, che ha inteso elevare il dettato dell’art. 16 D.Lgs. 81/08 a principio generale, valevole anche al di fuori dell’ambito prevenzionistico, appare a noi lecito supporre che ciò valga anche in relazione alla possibilità di sfruttare il Modello 231 quale prova di ottemperanza del dovere di vigilanza del delegante sul delegato, qualsiasi sia l’ambito delle funzioni oggetto della delega.
Cliccare qui per il testo della Sentenza Cass. Pen. Sez. III n. 27862 del 2015.
Con la Determinazione n. 8 del 17.6.2015 l’ANAC ha emanato le «Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici».
Dopo anni di incertezza in merito ai confini della corretta applicazione delle norme per l’anticorruzione e trasparenza nelle società ed enti di diritto privato controllati e partecipati, arriva dall’ANAC una risposta chiara ed inequivocabile che non lascia più adito a dubbi e che impone l’adeguamento ai relativi obblighi, diversamente calibrati in ragione della posizione di controllo o mera partecipazione da parte delle Pubbliche amministrazioni, con scadenze che vanno dal tempestivo adempimento degli obblighi di pubblicazione ai fini della trasparenza di cui al D.Lgs. 33/2013, all’adozione delle misure di organizzazione e gestione per la prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 che «dovrà comunque avvenire entro il 31 gennaio 2016».
Per quanto qui interessa, si deve rilevare che già nel 2013 il Piano Nazionale Anticorruzione aveva espresso il principio per il quale, nell’ambito degli enti pubblici economici e degli enti di diritto privato «Per evitare inutili ridondanze qualora questi enti adottino già modelli di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n. 231 del 2001 nella propria azione di prevenzione della corruzione possono fare perno su essi, ma estendendone l’ambito di applicazione non solo ai reati contro la pubblica amministrazione previsti dalla l. n. 231 del 2001 ma anche a tutti quelli considerati nella l. n. 190 del 2012 , dal lato attivo e passivo, anche in relazione al tipo di attività svolto dall’ente (società strumentali/società di interesse generale)».
Quella che in allora era una mera possibilità, ancorata all’eventuale presenza dei Modelli di organizzazione e gestione ex D.Lgs. 231/01, diventa ora nelle parole della Determinazione n. 8 del 2015 un chiaro indirizzo, rivolto non solo a società ed enti controllati o partecipati, ma prima ancora alle Pubbliche amministrazioni controllanti e partecipanti.
Si legge infatti, con recapito alle società direttamente o indirettamente controllate dalla Pubblica amministrazione: «Le presenti Linee guida muovono dal presupposto fondamentale che le amministrazioni controllanti debbano assicurare l’adozione del modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n. 231/2001 da parte delle società controllate».
Prosegue la Determinazione indicando che «in una logica di coordinamento delle misure e di semplificazione degli adempimenti, le società integrano il modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012. Queste misure devono fare riferimento a tutte le attività svolte dalla società ed è necessario siano ricondotte in un documento unitario che tiene luogo del Piano di prevenzione della corruzione anche ai fini della valutazione dell’aggiornamento annuale e della vigilanza dell’A.N.AC. Se riunite in un unico documento con quelle adottate in attuazione del d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una sezione apposita e dunque chiaramente identificabili tenuto conto che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti».
Ove si verta in ipotesi di altri enti di diritto privato controllati, diversi dalle società, poco cambia, in quanto secondo l’ANAC «Le amministrazioni controllanti assicurano, quindi, l’adozione del modello previsto dal d.lgs. n. 231/2001 da integrare con le misure organizzative e di gestione per la prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012».
Nell’ottica del diverso trattamento riservato dall’ANAC, alla luce del minor grado di controllo che l’amministrazione esercita, le società e gli enti meramente partecipati dalla Pubblica amministrazione sono soggetti a minori oneri, anche sotto l’aspetto che qui ci occupa. In relazione a tali società ed enti, infatti, il dovere delle Pubbliche amministrazioni di assicurare l’adozione dei Modelli 231 si riduce alla richiesta che esse se ne facciano promotrici, permanendo comunque chiara la volontà di indirizzo dell’ANAC.
Quanto alle società partecipate «Le amministrazioni partecipanti promuovono l’adozione del modello di organizzazione e gestione ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 nelle società a cui partecipano», e nell’ambito degli altri enti di diritto privato partecipati «E’ anche compito delle amministrazioni che a vario titolo vi partecipano, promuovere, da parte di questi soggetti, l’adozione di modelli come quello previsto nel d.lgs. n. 231 del 2001, laddove ciò sia compatibile con la dimensione organizzativa degli stessi».
Fatte tali ripetute inequivocabili premesse, l’ANAC individua le misure minime da adottare per il contrasto alla corruzione e per l’adempimento degli obblighi di trasparenza con un costante richiamo e coordinamento con i Modelli ex D.Lgs. 231/01.
L’assenza di tali Modelli 231, pur prevista con conseguente obbligo di adottare le misure preventive in autonomi Piani, viene dall’ANAC ricondotta in più parti della Determinazione ad una mera «ipotesi residuale».
Cliccare qui per scaricare il testo della Determinazione ANAC n. 8 del 17.6.2015
Cliccare qui per scaricare l’Allegato alla Determinazione
CORPO DOCENTE:
Avv. Anna Di Lorenzo e Avv. Alberto Tenca
NUOVI REATI E IMPATTO SULL’AGGIORNAMENTO DEL MODELLO
• Reati presupposto di recente introduzione: autoriciclaggio ed ecoreati
• Approccio pratico all’aggiornamento del Modello: iter proposto
• Aggiornamento dell’analisi e della valutazione del rischio
• Questioni discusse e possibili soluzioni per la costruzione di protocolli specifici
PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E MODELLO 231
• Determinazione ANAC n. 8 del 17.6.2015: le Linee Guida
OdV: COSA CAMBIA CON LE NOVITA’
• Impatti sulla composizione e sull’attività dell’Organismo alla luce delle recenti novità
• Il ruolo dell’Organismo negli adempimenti anticorruzione
SEDI E DATE:
PADOVA
Hotel Biri
17 ottobre 2015
MILANO
Hotel Michelangelo
30 ottobre 2015
ROMA
Centro Congressi Cavour
14 novembre 2015
BOLOGNA
AC Hotel Bologna
21 novembre 2015
FIRENZE
Hotel Londra
4 dicembre 2015
VERONA
DB Hotel
18 dicembre 2015
Corso organizzato dal Centro Studi Pentesilea che si terrà a Riccione nei giorni 13 e 14 novembre 2015.
In seno al corso, l’Avv. Alberto Tenca terrà la propria relazione sul tema “Modelli di Organizzazione e Gestione nelle S.p.a. e nelle S.r.l.”.
Cliccare qui per scaricare la Brochure del Corso intensivo di diritto societario
CORPO DOCENTE:
Avv. Anna Di Lorenzo e Avv. Alberto Tenca
INQUADRAMENTO DELLA NORMATIVA 231/01
• Criteri soggettivi e oggettivi d’imputazione della responsabilità
• Interesse o vantaggio per l’Ente
• Reati presupposto e le recenti novità (autoriciclaggio, false comunicazioni
sociali, reati ambientali)
• Il ruolo del Modello nella difesa dell’Ente
• Utilità del Modello sul piano fiscale
ASSETTO SOCIETARIO E RIFLESSI SUL MODELLO 231
• Deleghe organiche e di funzioni: peculiarità, condizioni di validità ed efficacia
• Rilevanza delle funzioni e mansioni di fatto
• Organi di controllo della Società
COME STRUTTURARE IL MODELLO 231
Tecniche di analisi e valutazione dei rischi reato presupposto
• Informazioni necessarie per lo svolgimento dell’analisi
• Come reperire le informazioni (documenti, interviste, check list)
• Individuazione ed analisi dei processi sensibili
• Come effettuare la mappatura del rischio reato
• Discussione critica delle diverse tecniche dell’analisi
I protocolli di prevenzione: caratteristiche e suggerimenti operativi di redazione
• Individuazione dei soggetti coinvolti nel Modello e contenuti
• Tecniche di redazione dei protocolli di prevenzione
• Previsione di flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza
• Le procedure dei sistemi di certificazione in rapporto ai protocolli del Modello
Protocolli specifici per la prevenzione dei reati in materia di sicurezza sul lavoro
• Le indicazioni dell’art. 30 D.Lgs. 81/08
• Standard minimi per le PMI (D.M. 13.2.2014)
• Individuazione dei soggetti e contenuti
Protocolli specifici per la prevenzione
• Protocolli per la prevenzione dell’autoriciclaggio: questioni discusse e
possibili soluzioni
• False comunicazioni sociali e protocolli specifici
• Protocolli per la gestione delle risorse finanziarie
• Protocolli per la gestione di acquisti e vendite
• Disamina di misure di prevenzione in materia ambientale
COME DARE PIENA OPERATIVITA’ ED EFFICACE ATTUAZIONE AL MODELLO
Elementi normativi ed accorgimenti pratici
• Individuazione e nomina dell’OdV
• Impostazione dell’attività informativa e formativa
• Come strutturare il sistema disciplinare e iter sanzionatorio
• Monitoraggio e aggiornamento del Modello
MISURE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E MODELLO 231
• Determinazione ANAC n. 8 del 17.6.2015
SEDI E DATE:
PADOVA
Hotel Biri
16 e 17 ottobre 2015
MILANO
Hotel Michelangelo
29 e 30 ottobre 2015
ROMA
Centro Congressi Cavour
13 e 14 novembre 2015
BOLOGNA
AC Hotel Bologna
20 e 21 novembre 2015
FIRENZE
Hotel Londra
3 e 4 dicembre 2015
VERONA
DB Hotel
17 e 18 dicembre 2015