Alberto Tenca

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PROGRAMMA

STRUTTURA E FUNZIONAMENTO
Struttura e modalità di funzionamento 

  • Il ruolo dell’OdV: la visione della giurisprudenza
  • Composizione, requisiti di nomina e sostituzione dei membri
  • Affidamento delle funzioni dell’OdV agli Organi di Controllo
  • Rapporto tra OdV e gli altri organi con funzione di controllo: il regime dei flussi informativi
  • L’OdV nei Gruppi societari: aspetti peculiari
  • Responsabilità dei membri dell’OdV: profili civili e penali

ATTIVITA’ E ADEMPIMENTI DELL’ODV
L’organizzazione dell’attività dell’OdV: i principali aspetti operativi

  • Le verifiche di controllo sull’idoneità del Modello
  • Come impostare l’attività di verifica sull’osservanza del Modello
  • La documentazione delle attività svote, archiviazione e tracciabilità
  • Richiesta di informazioni e gestione dei flussi informativi, da e verso l’OdV
  • Le relazioni periodiche al vertice della società e agli organi sociali: contenuto del verbale ai fini di eventuali procedimenti a carico dell’Ente
  • Come gestire presunte violazioni del Modello: azioni da intraprendere
  • Adeguamento del Modello
  • Tipologie di formazione da promuovere per la diffusione del Modello

 

MILANO – Hotel Michelangelo 28.3.2014

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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 10561 del 5.3.2014, investite della soluzione dei contrasti giurisprudenziali relativi alla possibilità di sequestro finalizzato alla confisca su beni della persona giuridica per reati tributari, si interrogano sull’assenza dei Reati Tributari stessi tra i reati presupposto della Responsabilità Amministrative degli Enti ex D.Lgs. 231/01.

Tale assenza, cui già in precedenza la giurisprudenza ha tentato di trovare correttivi dando ingresso all’applicazione del D.Lgs. 231/01 mediante la contestazione del reato di Associazione a delinquere ex art. 416 c.p. finalizzato alla commissione dei Reati Tributari ed altresì mediante l’applicazione della Legge 146/2006 sui reati associativi transnazionali (cfr. Cass. Pen. Sez. III n. 5869/11, Cass. Pen. Sez. III n. 11969/11 e Cass. Pen. Sez. III n. 24841/13), è stata ora fermamente criticata dalle Sezioni Unite che hanno affermato quanto segue:

Le Sezioni Unite sono consapevoli che la situazione normativa delineata presenta evidenti profili di irrazionalità, oltre che per gli aspetti già segnalati nell’ordinanza di rimessione, anche perchè il mancato inserimento dei reati tributari fra quelli previsti dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, rischia di vanificare le esigenze di tutela delle entrate tributarie, a difesa delle quali è stato introdotto la L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143.

Infatti è possibile, attraverso l’intestazione alla persona giuridica di beni non direttamente riconducibili al profitto di reato, sottrarre tali beni alla confisca per equivalente, vanificando o rendendo più difficile la possibilità di recupero di beni pari all’ammontare del profitto di reato, ove lo stesso sia stato occultato e non vi sia disponibilità di beni in capo agli autori del reato. Dovendosi anche sottolineare come la stessa logica che ha mosso il legislatore nell’introdurre la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti finisca per risultare non poco compromessa proprio dalla mancata previsione dei reati tributari tra i reati-presupposto nel d.lgs. n. 231 del 2001, considerato che, nel caso degli enti, il rappresentante che ponga in essere la condotta materiale riconducibile a quei reati non può che aver operato proprio nell’interesse ed a vantaggio dell’ente medesimo.

Tale irrazionalità non è peraltro suscettibile di essere rimossa sollevando una questione di legittimità costituzionale, alla luce della costante giurisprudenza costituzionale secondo la quale l’art. 25 Cost., comma 2, deve ritenersi ostativo all’adozione di una pronuncia additiva che comporti effetti costitutivi o peggiorativi della responsabilità penale, trattandosi di interventi riservati in via esclusiva alla discrezionalità del legislatore. (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244189).

Le Sezioni Unite non possono quindi che segnalare tali irrazionalità ed auspicare un intervento del legislatore, volto ad inserire i reati tributari fra quelli per i quali è configurabile responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231″.

cliccare qui per scaricare il testo completo della sentenza Cass. Pen. Sez. Un.n. 10561 del 5.3.2014

Con sentenza n. 10265 emessa dalla Sezione V della Corte di Cassazione Penale, pubblicata il 4.3.2014, la Suprema Corte affronta, nella prima parte della motivazione, il tema dell’interesse o vantaggio quali criteri alternativi di imputabilità dell’ente, in rapporto alla previsione di esclusione dalla responsabilità 231 nel caso in cui l’autore del reato abbia agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi” (art. 5 co. 2 D.Lgs. 231/01).
Prosegue la Corte soffermandosi ampiamente sulla nozione di “profitto” confiscabile.

Ciò che qui più interessa, lasciando per il resto alla lettura della sentenza (qui scaricabile: Cass.Pen. sez. V n. 10265/14) è un passaggio intermedio della sentenza in cui la Suprema Corte afferma il principio secondo cui, benchè l’art. 25 ter D.Lgs. 231/01, relativo ai Reati Societari, preveda l’applicazione delle indicate sanzioni qualora tali reati siano “commessi nell’interesse della società”, senza in alcun modo menzionare il diverso criterio del “vantaggio”, ciò nonostante anche per i Reati Societari vanno applicati i distinti autonomi criteri dell’interesse o del vantaggio, quali presupposti alternativi per l’affermazione di responsabilità dell’ente.

Si riporta di seguito il percorso logico seguito sul punto nella sentenza:

“A completamento dell’interpretazione del contesto normativo di riferimento, è necessario affrontare una ulteriore questione, solo incidentalmente evocata nel ricorso alle pp. 6 e 7. Infatti la responsabilità amministrativa di Italease è stata ritenuta, nel caso di specie, anche in riferimento ai reati presupposto di ostacolo alla vigilanza (art. 2638 c.c.) e false comunicazioni sociali (art. 2622 c.c.), entrambi contemplati nel catalogo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25 ter. Tale ultima disposizione, peraltro, a differenza del già citato comma 1 dell’art. 5, menziona il solo “interesse” quale criterio ascrittivo dell’illecito, scelta che potrebbe rivelare l’apparente intenzione legislativa di ridimensionare l’area della responsabilità dei soggetti collettivi in relazione ai reati societari. Ad una analisi più attenta, però, la disposizione non tarda a smentire ogni effettiva volontà di ripensamento strutturale dell’illecito nel caso questo consegua alla consumazione di un reato societario. Piuttosto sembra valere da indizio sistematico, in uno con la previsione del comma 2 dell’art. 5, alla comprensione dei due termini (interesse e vantaggio) come concettualmente autonomi e non di meno equivalenti espressivi di una funzionalità del comportamento criminoso individuale rispetto all’ottenimento di un risultato che avvantaggi l’attività sociale, nella quale, del resto, si trova racchiusa l’unica prospettiva di “interesse” concepibile in capo ad un soggetto giuridicamente organizzato.

L’art. 25 ter, infatti, è stato introdotto dalla riforma del diritto penale societario realizzata attraverso il D.Lgs. n. 61 del 2002, la cui Relazione, a proposito della disposizione in esame, espressamente precisa come la responsabilità degli enti collettivi per i reati societari sia stata configurata “nel rispetto dei principii contenuti nella L. 29 settembre 2000, n. 300 e nel D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231”, ribadendo in tal modo l’identica direttiva contenuta nella legge delega del D.Lgs. n. 61 del 2002 (L. n. 366 del 2001, art. 11). E sì vero che proprio la legge delega per prima ha poi menzionato esclusivamente l’interesse per descrivere il contesto imputativo dell’illecito, ma proprio la premessa da cui il legislatore delegante ha preso le mosse evidenzia l’assenza della volontà di configurare all’interno del D.Lgs. n. 231 del 2001 una sorta di sottosistema dedicato alla responsabilità da reato societario governato da regole autonome rispetto a quelle dettate nella parte generale del decreto.

E’ possibile quindi concludere ribadendo che la formulazione dell’art. 25 ter opera più apparentemente che sostanzialmente un allontanamento dai criteri di imputazione generale previsti dalla disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001, criteri che pertanto trovano applicazione anche in ambito societario, nonostante la dubbia tecnica di redazione del testo di legge”.

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In seno a tale corso, che si terrà a Padova nei giorni 10-11-12 aprile 2014, sarà affrontato anche il tema delle responsabilità dell’impresa e nell’impresa, con particolare attenzione alla Responsabilità ex D.Lgs. 231/01.

Tra i relatori, l’Avv. Anna Di Lorenzo e l’Avv. Alberto Tenca dello Studio Legale Associato Tosello & Partners.

Il corso è organizzato dal Centro Studi PENTESILEA

Cliccare qui per scaricare la Brochure del “Corso intensivo di Diritto Societario”

Approvata in via definitiva alla Camera la Legge sulla “DELEGA FISCALE”

L’utilità dell’adozione dei Modelli 231 da parte delle imprese, al di là dei benefici esimenti o diminuenti della Responsabilità Amministrativa, trova ulteriore conferma nel testo di Legge in esame, che all’art. 6 contiene la delega al Governo affinchè introduca norme che prevedano:

“per i soggetti di maggiori dimensioni, la previsione di sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio fiscale...” (art. 6 co. 1)

“incentivi sotto forma di minori adempimenti per i contribuenti e di riduzioni delle eventuali sanzioni, anche in relazione… ai criteri di limitazione e di esclusione della responsabilità previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231…” (art. 6 co. 2).

Di un anno il termine per l’adozione dei Decreti Legislativi di attuazione.

 

Il Dossier del Servizio Studi del Senato sull’A.S. n. 1058 “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” n. 63 dell’ottobre 2013 esprime chiaramente la convinzione che i Modelli di cui al D.Lgs. 231/01 “possono essere inquadrati a fondamento di un sistema integrato di controlli che consentano di gestire in modo efficiente e puntuale qualsiasi forma di rischio (compreso quello fiscale), offrendo all’imprenditore, ai soci e alla governance aziendale un vero e proprio sistema capace di monitorare l’attività dell’impresa”.

Il Dossier contiene anche un monito ben preciso agli imprenditori:

 “la necessità di creare modelli organizzativi… è stata interpretata dalle imprese e dagli enti interessati prevalentemente in modo negativo, quale ulteriore adempimento generatore di costi e responsabilità… Questo modo di interpretare la normativa ha portato le stesse a creare modelli organizzativi “di facciata” senza vedere in questi alcuna utilità diretta sul piano gestionale e strategico. La giurisprudenza, con sanzioni gravi, ha punito questo tipo di approccio disattendendo il modello, in quanto non creato a misura sull’impresa, ma copiato da prototipo soggettivamente inefficace”.

Cliccare qui per scaricare il dossier senato Delega Fiscale

E’ stato pubblicato il D.M. 13.2.2014, con il quale il Ministero del lavoro ha fornito indicazioni organizzative semplificate per le PMI che intendano adottare il Modello di Organizzazione e Gestione D.Lgs. 231/01, per la parte relativa alla sicurezza sul lavoro di cui all’art. 30 D.Lgs. 81/08.

E’ possibile scaricare il testo del Decreto e le Procedure semplificate cliccando sui seguenti link:

DM 13.2.2014

Procedure semplificate

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La Responsabilità amministrativa D.Lgs. 231/2001
Quali applicazioni in materia tributaria?

Sala Ordine Avvocati Padova – 21 febbraio 2014

RELATORI: Avv. Alberto Tenca ed Avv. Anna di Lorenzo

CONTENUTI:

Principi della responsabilità amministrativa 231

 I reati presupposto che creano la responsabilità
Quali possibili applicazioni in materia tributaria?

Le misure cautelari a carico dell’Ente

Le sanzioni amministrative per l’Ente

Attività investigativa
La Circolare della Guardia di Finanza (n. 83607/2012)

Come difendere l’Ente?
– Un solo strumento: il Modello di organizzazione e gestione
– Aspetti operativi e applicativi

 

Discussione dei quesiti che saranno posti dai partecipanti

 

STRUMENTI DIDATTICI UTILIZZATI

Proiezione di slide

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Reati d’impresa, impostazione della difesa e strategie processuali

Il Master esamina con taglio pratico ed operativo le questioni giuridiche – sostanziali e processuali – di maggior rilievo attinenti la complessa materia del diritto penale d’impresa.
Nello specifico verranno analizzate le dinamiche processuali in caso di procedimento penale-amministrativo a carico dell’Ente ex D. Lgs. 231/01, in ambito di diritto penale del lavoro, di reati nelle procedure concorsuali e di violazioni penal-tributarie.
L’obiettivo è porre in evidenza le strategie e tecniche difensive che il Professionista deve adottare al fine di tutelare al meglio la propria “impresa-cliente”.

SEDI E DATE

MILANO

Hotel Michelangelo

27 giugno 2014
28 giugno 2014
11 luglio 2014
12 luglio 2014

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Con sentenza n. 4677 del 18.12.2013, pubblicata il 30.1.2014, la Corte di Cassazione Penale, Sez. V, ha annullato con rinvio la sentenza assolutoria pronunciata dalla Corte di Appello di Milano, a fronte del ricorso presentato dal Procuratore Generale.

Nella motivazione di tale sentenza, la Suprema Corte ha affermato alcuni principi che riteniamo meritino un commento critico e che ci auguriamo possano trovare occasione di approfondimento ed, in parte, di ripensamento da parte dei giudici di legittimità, per quanto andremo qui ad argomentare.

Leggi l’articolo di commento alla sentenza 4677/14

Testo della sentenza Cass. Pen. Sez. V 4677/14