A cura degli Avv.ti Alberto Tenca e Anna Di Lorenzo con la collaborazione della Dott.ssa Ambra Pinton

Dal 25 dicembre 2019 è in vigore il D.L. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. 157/2019, che ha introdotto nel D.Lgs. 231/2001 l’art. 25 quinquiesdecies, concernete i “reati tributari”.

Si tratta della prima introduzione nel D.Lgs. 231/2001 di reati in materia tributaria e, come si potrà notare il D.L. 124/2019 ha subito, in fase di conversione, rilevanti modifiche quanto al novero dei reati presupposto, il quale è stato ampliato da una a cinque fattispecie.

Il nuovo art. 25 quinquiesdecies prevede la punibilità per l’ente in relazione alla commissione dei delitti di cui al D.Lgs. 74/2000, di:

a) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2, comma 1 (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote);

b) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2, comma 2-bis (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote);

c) dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall’articolo 3, (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote);

d) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 1, (sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote);

e) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 2-bis, (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote);

f) occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10, (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote);

g) sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’articolo 11, (sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote).

Un’aggravante opererà nel caso in cui, in seguito alla commissione di uno di questi reati, l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità.

In ogni caso le conseguenze per l’ente sono aggravate dall’applicabilità delle sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c)d) ed e) D.Lgs. 231/01: divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi.

È quindi necessario che società ed enti si attivino per aggiornare i Modelli 231 al fine di prevenire i nuovi rischi reato, analizzando e valutando i comportamenti mediante i quali potrebbero incorrere nella commissione di tali reati ed intervenendo sui protocolli di prevenzione. Occorrerà in particolare verificare l’utilità ed idoneità di regole e protocolli esistenti (quali, ad esempio, quelli relativi ai processi di acquisto e vendita di beni e servizi e di gestione delle risorse finanziarie) ed eventualmente predisporne di nuovi e specifici.

La Legge di delegazione europea n. 117 del 4 ottobre 2019, con la quale il Governo è stato delegato a “integrare le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea e che non sono già compresi nelle disposizioni del medesimo decreto legislativo”, come noto, aveva già posto le premesse per l’ingresso nel D.Lgs. 231/01 di reati tributari, perlomeno entro i limiti di quanto potesse considerarsi effettivamente lesivo degli interessi finanziari dell’Unione europea secondo la Direttiva (UE) 2017/1371 (si veda nostro precedente commento).

Nelle more dell’attuazione di tale delega, il Governo è ora intervenuto con il Decreto Legge n. 124 del 26 ottobre 2019 (cd. Decreto Fiscale), che, all’art. 39, comma 2, va ad aggiungere dopo l’articolo 25-quaterdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231  il seguente: Art. 25-quinquiesdecies (Reati tributari). – 1. In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.”.

Tale intervento, che appare slegato da ogni valutazione di effettiva lesione degli interessi dell’Unione europea, introdurrebbe pertanto e per la prima volta una fattispecie di reato tributario tra i reati presupposto della Responsabilità 231.

Usiamo il condizionale, in quanto l’art. 39, comma 3 del Decreto Fiscale, prevede espressamente che “Le disposizioni di cui ai commi 1 a 2 hanno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto.”

Sarà dunque necessario attendere la legge di conversione e quanto in essa sarà previsto, auspicando che il Legislatore voglia valutare un diverso approccio, intervenendo in materia unitaria ed organica sul tema dell’introduzione dei reati presupposto tributari nel D.Lgs. 231/01, anche in attuazione della Legge di delegazione europea. Ciò consentirebbe, chiaramente, alle imprese di affrontare in maniera sistematica l’intera materia nell’ambito dei Modelli di Organizzazione e Gestione.

 

a cura dell’Avv. Anna Di Lorenzo e dell’Avv. Elena Zaggia

Negli ultimi tempi si è molto discusso della introduzione, nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/01, dei reati Tributari.

Il tema è tornato vivo con il Disegno di Legge per il recepimento della Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017 (cosiddetta PIF) che ha per oggetto “…(le) norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, al fine di rafforzare la protezione contro reati che ledono tali interessi finanziari, in conformità dell’acquis dell’Unione in questo settore.” (art. 1).

Per quanto riguarda gli “interessi finanziari dell’Unione”, la Direttiva li definisce all’art. 2: “…tutte le entrate, le spese e i beni che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in virtù: i) del bilancio dell’Unione; ii) dei bilanci di istituzioni, organi e organismi dell’Unione istituiti in virtù dei trattati o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e controllati” ed al secondo comma precisa “In materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA, la presente direttiva si applica unicamente ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’IVA. Ai fini della presente direttiva, i reati contro il sistema comune dell’IVA sono considerati gravi qualora le azioni od omissioni di carattere intenzionale secondo la definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera d), siano connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 000 000 EUR.

Ma quali sono le fattispecie realmente interessate da questa previsione di adeguamento?

La disciplina europea stabilisce l’obbligo per ciascuno Stato membro di introdurre, ove già non vigenti, appositi reati volti a sanzionare le “frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione“.

Agli artt. 3, 4 e 5 sono previste una serie di fattispecie (tra cui frodi che ledono gli interessi finanziari dello stato, riciclaggio, corruzione attiva e passiva, appropriazione indebita) che la legislazione italiana già disciplina.

La novità che qui rileva consiste nell’obbligo di introdurre la responsabilità delle “persone giuridiche”, (la cui definizione si può trovare all’art. 2 co. 1 lett. b) “si intende per «persona giuridica» qualsiasi entità che abbia personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.”) per le fattispecie, tra le altre, di cui all’art. 3.

La portata della modifica introdotta potrebbe essere dirompente.

In realtà non va dimenticato, come sopra detto, che la disciplina europea “in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA” impone l’obbligo di criminalizzazione soltanto per le fattispecie che vengano considerate “gravi”, come riportato dall’art. 2, in quanto:

  • le azioni od omissioni siano connesse al territorio di due o più Stati membri;
  • comportino un danno per l’Unione di almeno € 10.000.000,00.

Dal Disegno di Legge dello Stato Italiano per il recepimento della Direttiva PIF, approvato dalla Camera dei Deputati in data 13 novembre 2018 e presentato al Senato con Disegno di Legge n. S.944, non si riscontrano al momento suggerimenti da parte del legislatore sulla reale portata della suddetta estensione dei reati presupposto 231, dato che lo stesso ha operato un totale rimando al testo della normativa europea.

Alla luce di tali specificazioni, quindi, può affermarsi che, a seconda di come venga interpretata la “clausola di gravità“, l’introduzione dei reati tributari (con particolare riferimento all’omesso versamento dell’IVA) nell’alveo dei reati presupposto della responsabilità degli enti, potrebbe interessare: o società dal significativo “fatturato” in un determinato Stato membro dell’Unione Europea, o società dalla struttura mediamente complessa, con ingenti attività commerciali in più Paesi europei e/o con almeno una sede secondaria in altri Stati dell’Unione.

Non vi è che da restare in attesa della presa di posizione del legislatore italiano sul punto.

 

a cura dell’Avv. Alberto Tenca e della Dott.ssa Ambra Pinton

Si segnalano tre recenti interventi normativi in materia di reati presupposto della Responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/01.

ABROGAZIONE SISTRI

Il D.Lgs. 135/2018 ha abrogato l’art. 36, comma 1, del D.Lgs. 205/2010, il quale introduceva l’art. 260 bis nel D.Lgs. 152/2006 (TU Ambiente). L’art. 260 bis disciplinava il “Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” (SISTRI) i cui reati connessi, pertanto, sono espunti dal catalogo dei reati presupposto che possono essere commessi dall’Ente.

TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE E ULTERIORI INTERVENTI NORMATIVI DI RILIEVO

La L.  3/2019 introduce all’art. 25 del D.Lgs. 231/01 la fattispecie prevista all’art. 346 bis c.p. rubricata “Traffico di influenze illecite”.

La medesima legge, inoltre, ha riformato il comma 5 dell’art. 25, prevedendo sanzioni interdittive più gravi, ed ha introdotto il comma 5 bis, ammettendo la possibilità di beneficiare di un’attenuante nel caso in cui l’Ente si doti del Modello successivamente alla commissione di un reato e si adoperi efficacemente: per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove, per individuare i responsabili o per il sequestro delle somme o di altre utilità.

Si evidenzia inoltre che la L. 3/2019 interviene rendendo in ogni caso procedibile d’ufficio i reati presupposto di “Corruzione tra privati” (art. 2635 c.c.) e di “Istigazione alla corruzione tra privati” (2635 bis c.c.) con ciò incrementando il rischio di possibili contestazioni.

 

INTRODUZIONE ART. 25-QUATERDECIES

L’intervento più recente è stato apportato dalla L. 39/2019, del 3 maggio 2019, la quale ha introdotto il nuovo articolo 25-quaterdecies “Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati” all’interno del D.Lgs. 231/01.

La novella arricchisce l’elenco dei reati presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente aggiungendovi due nuovi reati previsti agli artt. 1 e 4 della L. 401/1989, rispettivamente “Frode in competizioni sportive” e “Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa”.

La prima fattispecie punisce “ Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie atti fraudolenti volti al medesimo scopo”.

La seconda, invece, sanziona “Chiunque esercita abusivamente l’organizzazione del giuoco del lotto o discommesse o di concorsi pronostici che la legge riserva allo Stato o ad altro ente concessionario…chi comunque organizza scommesse o concorsi pronostici su attività sportive gestite dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dalle organizzazioni da esso dipendenti o dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE). Chiunque abusivamente esercita l’organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giuochi di abilità…chiunque venda sul territorio nazionale, senza autorizzazioni dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, biglietti di lotterie o di analoghe manifestazioni di sorte di Stati esteri, nonché a chiunque partecipi a tali operazioni mediante la raccolta di prenotazione di giocate e l’accreditamento delle relative vincite e la promozione e la pubblicità effettuate con qualunque mezzo di diffusione. Chiunque organizza, esercita e raccoglie a distanza, senza la prescritta concessione, qualsiasi gioco istituito o disciplinato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Chiunque, ancorché titolare della prescritta concessione, organizza, esercita e raccoglie a distanza qualsiasi gioco istituito o disciplinato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli con modalità e tecniche diverse da quelle previste dalla legge…Quando si tratta di concorsi, giuochi o scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, e fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, chiunque in qualsiasi modo dà pubblicità al loro esercizio…La stessa sanzione si applica a chiunque, in qualsiasi modo, dà pubblicità in Italia a giochi, scommesse e lotterie, da chiunque accettate all’estero. Chiunque partecipa a concorsi, giuochi, scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo…Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai giuochi d’azzardo esercitati a mezzo degli apparecchi vietati dall’articolo 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, come modificato dalla legge 20 maggio 1965, n. 507, e come da ultimo modificato dall’articolo 1 della legge 17 dicembre 1986, n. 904…chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l’accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all’estero…chiunque effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli all’uso di tali mezzi per la predetta raccolta o prenotazione”.

Le sanzioni pecuniarie previste a carico dell’ente che dovesse commettere il reato sono: per i delitti, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; per le contravvenzioni, la sanzione pecuniaria fino a duecentosessanta quote.

Nel caso poi di condanna per delitto si applicano anche le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, D.Lgs. 231/01 per una durata non inferiore a un anno.

 

Il D.Lgs. 231/01, così come modificato, è disponibile per la consultazione cliccando qui

Segnaliamo che il Decreto Legislativo 10 agosto 2018 n. 107 di adeguamento della normativa nazionale al Regolamento UE n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato, interviene modificando il D.Lgs. 58/1998 (TUF) con un duplice impatto sulle norme da considerare ai fini del Modello 231.

Da un lato, infatti, la nuova norma, che entrerà in vigore il 29.9.2018, interviene modificando il testo degli artt. 184 e 185 del TUF, che costituiscono reato presupposto ai sensi dell’art. 25 sexies D.Lgs. 231/01.

Sotto diverso profilo, ad essere modificato è anche l’art. 187 quinquies del TUF.
Tale articolo,  prevedeva già nella precedente formulazione e prevede ancora una disciplina sanzionatoria per determinati illeciti amministrativi (non reati), basata sulla commissione di violazioni nell’interesse o a vantaggio della società da parte di soggetti apicali o sottoposti, ricalcando il contenuto dell’art. 5 D.Lgs. 231/01 e richiamando espressamente, in quanto compatibili, gli artt. 6, 7, 8 e 12 D.Lgs. 231/01.
L’articolo, come riformato, non fa più riferimento agli illeciti di cui agli artt. 187 bis e 187 ter del TUF, bensì alle violazioni dei divieti di cui agli artt. 14 e 15 del Regolamento UE n. 596/2014.

Inoltre, non si parla più di responsabilità dell’ente al pagamento di una somma pari alla sanzione amministrativa prevista per gli illeciti commessi, bensì pone a carico dell’ente una “sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro fino a quindici milioni di euro, ovvero fino al quindici per cento del fatturato…”.

Appare dunque ampliata la portata della norma, sia con riferimento alle condotte sanzionabili, sia quanto all’ammontare della sanzione.

Di tutto ciò si dovrà tener conto per l’aggiornamento di un Modello 231 che voglia da un lato prevenire i reati presupposto indicati nel D.Lgs. 231/01, dall’altro precostituire una difesa dalla sanzione amministrativa di cui all’art. 187 quinquies del TUF.

Cliccare qui per il link alla norma, come pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Il D.Lgs. 21/2018, che entrerà in vigore il 6.4.2018, ha abrogato alcune disposizioni normative concernenti reati, anche presupposto della Responsabilità 231, trasferendone il contenuto in nuovi articoli del codice penale.

In base all’art. 8 D.Lgs. 21/2018, “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i richiami alle disposizioni abrogate dall’art. 7, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del codice penale…”.

Per quanto d’interesse, dunque:

  • il richiamo contenuto nell’art. 25-undecies D.Lgs. 231/01 all’abrogato art. 260 D.Lgs. 152/2006 va ora inteso riferito al nuovo art. 452-quaterdecies c.p. (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti)
  • il richiamo contenuto nell’art. 25-terdecies D.Lgs. 231/01 all’abrogato art. 3, co. 3-bis, L. 654/1975 va ora inteso riferito al nuovo art. 604-bis, co. 3, c.p. (Propaganda ed istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa)

Cliccare qui per il testo normativo

Da tempo ci si interroga in merito ai risvolti di una pronuncia di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c.p., introdotto con D.Lgs. 28/2015, sul procedimento per l’accertamento della responsabilità 231 in capo alla società.

In dottrina, autorevoli esponenti (tra cui l’Avv. Maurizio Arena nel contributo “Tenuità del fatto e responsabilità dell’ente” del 26.3.2015) hanno sostenuto con valide argomentazioni fondate sul D.Lgs. 231/01 e sulla Relazione ministeriale al Decreto stesso, che la menzionata declaratoria di tenuità del fatto giova alla persona fisica, ma “non implica una conseguente esclusione della responsabilità della persona giuridica per quel reato”.

Non sono mancate tesi contrapposte ed, in particolare, si evidenzia come una Circolare della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, contenente indicazioni operative, avesse espresso la seguente considerazione: “La disciplina segnata dall’art. 8 del D.lvo n. 231/ 2001 prevede soltanto che l’estinzione del reato, salvo che nell’ipotesi di amnistia, non esclude la responsabilità amministrativa dell’ente con conseguente  prosecuzione del procedimento penale nei suoi confronti. Una simile clausola di salvaguardia non è stata introdotta anche con riferimento all’ istituto della tenuità del danno, sicché l’archiviazione per la causa di non punibilità in esame riguardante la persona fisica si estende senza dubbio anche a quella giuridica”.

La Corte di Cassazione, Sez. III Penale, con sentenza n. 9072 del 28.2.2018, è infine intervenuta nell’affermare il seguente principio di diritto: “In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una sentenza di applicazione della particolare tenuità del fatto, nei confronti della persona fisica responsabile della commissione del reato, il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso; accertamento di responsabilità che non può prescindere da una opportuna verifica della sussistenza in concreto del fatto reato, in quanto l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. non esclude la responsabilità dell’ente, in via astratta, ma la stessa deve essere accertata effettivamente in concreto; non potendosi utilizzare, allo scopo, automaticamente la decisione di applicazione della particolare tenuità del fatto, emessa nei confronti della persona fisica”.