Alberto Tenca

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Il Senato ha definitivamente approvato il 28 luglio 2016, il DDL della “Legge di delegazione europea 2015”, ora in attesa di pubblicazione.

L’art. 19 delega il Governo ad attuare, entro tre mesi dall’entrata in vigore, un significativo intervento sulla fattispecie di reato di corruzione tra privati ex art. 2635 c.c., già reato presupposto della responsabilità 231.

L’excursus normativo trae origine dalla Decisione Quadro 2003/568/GAI del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.
Tale Decisione Quadro chiedeva agli Stati membri di prevedere l’illiceità penale delle seguenti condotte:

a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere;

b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere.”

Nonchè l’istigazione a tali condotte ed il loro favoreggiamento.

Sempre la Decisione Quadro prevedeva che:

“1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, basata:

a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica, o

b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica, o

c) sull’esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica.

2. Oltre ai casi di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la perpetrazione di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3 a beneficio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.”

Nel nostro ordinamento, l’attuale art. 2635 c.c., come riformato con L. 190/2012, ha dato parziale attuazione alla Decisione Quadro:

Sul lato passivo del corrotto:

  • è stato previsto il reato innanzitutto come proprio di amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, sindaci e liquidatori, i quali ricevendo promessa o dazione di denaro o altra utilità per sè o per altri, compiano od omettano atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società. La pena è ridotta se il fatto è commesso da un sottoposto alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti di cui sopra.
  • la fattispecie richiede dunque il “nocumento della società”, di cui non vi è menzione nella Decisione Quadro; gli autori sono solo i soggetti come sopra qualificati e non coloro che esercitano funzioni “lavorative di qualsiasi tipo”; non si menziona la condotta di “sollecito” del vantaggio, nè la possibile realizzazione “tramite un intermediario”.

Sul lato attivo del corruttore:

  • la norma punisce “chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma”;
  • manca la condotta di “offerta” prevista dalla Decisione Quadro; manca la condotta “tramite intermediario”, manca l’estensione dei soggetti cui la promessa e dazione è rivolta a chiunque svolga funzioni “lavorative di qualsiasi tipo”.

Quanto alla Responsabilità 231, la stessa è ora prevista solo per le condotte attive del corruttore e comporta solo sanzioni pecuniarie da 200 a 400 quote, in base all’art. 25 ter lett. s bis) D.Lgs. 231/01.

E’, peraltro, evidente che il reato dal lato passivo non poteva trovare spazio tra i reati presupposto della 231, essendone elemento costitutivo il “nocumento” per la società del corrotto, chiaramente incompatibile con l’interesse e vantaggio che determinano la responsabilità 231.

La Legge di delegazione europea 2015, intende effettuare un passo avanti nell’ottemperanza al dettato europeo, prevedendo all’art. 19 la delega al Governo a:

“a) prevedere, tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti, che sia punito chiunque promette, offre o dà, per sé o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti a un soggetto che svolge funzioni dirigenziali o di controllo o che comunque presta attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati, affinché esso compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;

b) prevedere che sia altresì punito chiunque, nell’esercizio di funzioni dirigenziali o di controllo, ovvero nello svolgimento di un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, presso società o enti privati, sollecita o riceve, per sé o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti, ovvero ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;

c) prevedere la punibilità dell’istigazione alle condotte di cui alle lettere a) e b);

e) prevedere la responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati, punita con una sanzione pecuniaria non inferiore a duecento quote e non superiore a seicento quote nonché con l’applicazione delle sanzioni amministrative interdittive di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.”

Con l’attuazione della Delega, si dovrebbe dunque pervenire alle seguenti modifiche:

Sul lato attivo del corruttore:

  • introduzione tra le condotte punite anche della “offerta” ed anche “per interposta persona”;
  • specificazione che deve trattarsi di denaro o utilità “non dovuti”;
  • individuazione dei soggetti destinatari dell’atto corruttivo in chi “svolge funzioni dirigenziali o di controllo o che comunque presta attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati”;
  • precisazione della finalità dell’atto affinchè il corrotto “compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio”;
  • previsione di punibilità dell’istigazione.

Sul lato passivo del corrotto:

  • individuazione dell’autore in chi eserciti funzioni dirigenziali o di controllo o svolga attività lavorativa con esercizio di funzioni direttive;
  • introduzione del “sollecito” tra le condotte rilevanti e della rilevanza del fatto commesso “per interposta persona”;
  • precisazione della finalità volta a compiere o omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;
  • previsione di punibilità dell’istigazione.

In ambito 231:

  • innalzamento della pena pecuniaria fino a 600 quote;
  • introduzione delle sanzioni interdittive ex art. 9 D.Lgs. 231/01.

Concludiamo esponendo alcune nostre considerazioni “a caldo”, in attesa della pubblicazione della Legge e, soprattutto, dell’attuazione della stessa, con emanazione dei Decreti delegati.

Sotto un certo profilo, la Legge in esame risulta effettivamente volta a perseguire una maggiore aderenza delle disposizioni interne al dettato europeo, mirando ad introdurre la punibilità dell’offerta, del sollecito, dell’istigazione e dell’azione per interposta persona.

Sul piano soggettivo, invece, si deve considerare come, a fronte della Decisione Quadro, che considera quali soggetti passivi della corruzione coloro che svolgano funzioni “lavorative di qualsiasi tipo”, l’intervento legislativo in oggetto sembri invece incrementare lo scostamento dal volere europeo.

Se infatti ad oggi rilevano sul piano attivo e passivo le condotte di promessa e dazione rivolte, non solo ai soggetti qualificati di cui all’art. 2635 co. 1 c.c., ma altresì, pur con pene ridotte per il corrotto, alla vastissima gamma di “chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno” di tali soggetti, la nuova norma si rivolgerebbe solo a coloro che svolgono funzioni dirigenziali o di controllo o esercitino funzioni direttive, con ciò scostandosi ancor più dal concetto di funzioni “lavorative di qualsiasi tipo” di cui alla Decisione Quadro.

Altra considerazione, di maggior interesse per noi, riguarda il fatto che la Legge di delegazione europea 2015 delega il Governo, al di là dell’incremento delle sanzioni 231, anche a prevedere la responsabilità delle persone giuridiche in via generalizzata “in relazione al reato di corruzione tra privati”,  senza limitare tale responsabilità, come ad oggi è, alla sola corruzione sul lato attivo del corruttore.

Peraltro, l’attuale intervento normativo, pone l’accento sulla corruzione come volta ad compiere o omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, senza menzionare il “nocumento” per la società che oggi è elemento essenziale della fattispecie delittuosa.

Appare ipotizzabile, dunque, a seguito della emanazione dei Decreti legislativi attuativi della delega, che sia espunto dall’art. 2635 c.c. l’elemento del “nocumento” per la società, aprendo lo spazio all’introduzione quale reato presupposto della 231 della corruzione tra privati sia attiva che passiva.

Se tale sarà l’esito dell’iter normativo, in conformità alla Legge in commento, si dovranno chiaramente ipotizzare, individuare e prevenire in seno ai Modelli di Organizzazione e Gestione anche tutti quei comportamenti di chi solleciti o riceva dazione o promessa di utilità non dovute per compiere atti contrari ai doveri del suo ufficio e che realizzi nel contempo anche un “interesse o vantaggio” per l’ente di appartenenza.

Cliccare qui per il testo del DDL come approvato dal Senato

1735

Nuovo seminario sul tema organizzato da EUROCONFERENCE
(Milano 5.10.2016)

CORPO DOCENTE:

Avv. Anna Di Lorenzo
PROGRAMMA:

I soggetti della sicurezza

  • I soggetti della sicurezza
  • Il Datore di Lavoro: sviluppi giurisprudenziali
  • La delega di funzioni e poteri (art. 16 D.Lgs 81/08)
  • Utilità del Modello 231 per il Datore di Lavoro delegante
  • Individuazione dei soggetti in base alle mansioni di fatto

I diversi compiti “normativi” dei soggetti della sicurezza

Rapporti tra Modello 231 e DVR

Tecniche di analisi del rischio reato presupposto

  • Modalità operative per l’impostazione dell’analisi
  • Come reperire le informazioni (documenti, interviste, check list)
  • Individuazione ed analisi dei processi sensibili “sicurezza sul lavoro”

Protocolli specifici del Modello 231

  • Le indicazioni dell’art. 30 D.Lgs. 81/08
  • Standard minimi per le PMI (D.M. 13.2.2014)
  • Individuazione dei soggetti coinvolti e contenuti
  • Tecniche di redazione dei protocolli di prevenzione
  • Previsione di flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza
  • I sistemi di gestione, criteri di utilizzabilità

L’O.d.V.

  • Composizione dell’O.d.V.
  • Oggetto dell’attività di vigilanza
  • Rapporti tra O.d.V. e RSPP

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1579
 Nuovo ciclo di seminari sul tema della difesa penale di società ed enti, organizzato da EUROCONFERENCE 
(Padova 27.10.2016 e Milano 24.11.2016)
CORPO DOCENTE:

Avv. Alberto Tenca

PROGRAMMA:

La fase di indagini preliminari

  • Prescrizione e decadenza in relazione all’illecito 231
  • L’illecito commesso all’estero e quello commesso in Italia da Enti esteri
  • Reati associativi quali veicolo della responsabilità 231 in relazione a reati non presupposto: posizioni giurisprudenziali a confronto
  • Rappresentanza e costituzione dell’Ente tra incompatibilità normative e diritto di difesa
  • Le misure cautelari: requisiti per la concessione e difesa dell’Ente
  • Sequestro probatorio e conservativo

Il processo

  • La costituzione di parte civile dell’Ente e nei confronti dell’Ente: i contrasti giurisprudenziali
  • Compatibilità delle posizioni di Ente sottoposto a processo e di Responsabile civile per il fatto dell’imputato 
  • Strategie e tecniche difensive
    • La difesa sul fatto reato presupposto e sull’illecito amministrativo dipendente da reato
    • Il Modello come essenziale strumento di difesa 
    • La prova dell’elusione fraudolenta del Modello 
    • La prova dell’esistenza ed operatività dell’OdV
  • Il contenimento delle sanzioni
    • L’ottenimento di “attenuanti”
    • Come  impedire  sanzioni  interdittive  od  ottenerne  la  conversione  in sanzioni pecuniarie
  • Procedimento 231 e procedure concorsuali
    • Giudizio a carico dell’Ente fallito
    • Legittimità del sequestro 231 in pendenza di procedure concorsuali

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1863
Seminario di due giornate organizzato da EUROCONFERENCE 
(varie sedi da ottobre a dicembre 2016)
CORPO DOCENTE:

Avv. Anna Di Lorenzo e Avv. Alberto Tenca

PROGRAMMA:

ELEMENTI DELLA RESPONSABILITA’ ESSENZIALI PER LA REDAZIONE DEL MODELLO 231
Ambito soggettivo e territoriale d’imputazione
Interesse o vantaggio per l’Ente
Soggetti apicali e sottoposti
Reati presupposto e aree di impatto
Le finalità del Modello 231

APPROCCIO PRATICO ALLA REDAZIONE DEL MODELLO 231
Tecniche di analisi e valutazione dei rischi reato presupposto
Sviluppo operativo dell’attività di analisi
Informazioni spesso trascurate di cui è essenziale l’acquisizione
Impostazione della mappatura del rischio reato
Discussione critica delle diverse tecniche di valutazione del rischio
Suggerimenti operativi di redazione dei protocolli di prevenzione
Tecniche di redazione dei protocolli di prevenzione
Contenuti essenziali
Previsione di flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza
Come utilizzare i Sistemi certificati (es. ISO 9000 e 14001 e OHSAS 18000)
Protocolli specifici per la prevenzione
Impostazione dei protocolli secondo le indicazioni dell’art. 30 D.Lgs. 81/08 e DM 13.2.14

La prevenzione dell’autoriciclaggio: questioni discusse e possibili soluzioni
Protocolli per la gestione di acquisti e vendite finalizzati alla prevenzione di diverse fattispecie di reato
Disamina di misure di prevenzione in materia ambientale
Discussione in merito alle modalità di prevenzione di ulteriori fattispecie reato d’interesse dei partecipanti

L’ORGANISMO DI VIGILANZA
Individuazione e nomina

Attività di vigilanza: sviluppo operativo

DIVULGAZIONE DEL MODELLO 231
Impostazione dell’attività informativa e formativa

Soggetti destinatari
“Cosa divulgare” 

IL SISTEMA DISCIPLINARE
Come strutturare un sistema disciplinare “legittimamente applicabile”

I soggetti da sanzionare e i titolari del potere disciplinare
Illeciti sanzionabili e tipologia di sanzioni

MODELLO 231 E SOGGETTI TERZI OPERANTI A VARIO TITOLO PER L’ENTE
A chi deve guardare il Modello 231, come e perché

Sviluppo del sistema sanzionatorio
Nuovi obblighi contrattuali nascenti
Clausole contrattuali da formalizzare

L’AGGIORNAMENTO DEL MODELLO 231
Aggiornamento del Modello: quando e perchè

I soggetti coinvolti nell’aggiornamento
Iter da seguire
Aggiornamento dei Protocolli
Adozione ed attuazione dell’aggiornamento

L’APPROCCIO DELL’ENTE E DEI SUOI CONSULENTI IN CASO DI “INDAGINE PER REATO PRESUPPOSTO”
Come porre tempestivamente l’Ente in condizioni di partecipare e difendersi nel procedimento 231

Valutazione sull’opportunità di riorganizzazione del vertice: utilità e indicazioni giurisprudenziali
Verifica del Modello 231 esistente
Verifica dell’attività di vigilanza svolta dall’OdV e indagini difensive
Sviluppo del Modello 231 ex post: peculiarità e benefici

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3183

Nella Gazzetta Ufficiale n. 132 del 8.6.2016 è stato pubblicato il Decreto Legislativo n. 97 del 25.5.2016, contenente “revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza”.

Il Decreto, nei primi 40 articoli, interviene massicciamente sull’intero testo del D.Lgs. 33/2013, mentre all’articolo 41 detta alcune modifiche all’art. 1 della L.190/2012.

L’adeguamento alle modifiche apportate al D.Lgs. 33/2013 dovrà avvenire entro sei mesi dall’entrata in vigore del Decreto.

Cliccare per il testo del Decreto come pubblicato sul sito www.gazzettaufficiale.it.

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Il 4 maggio 2016 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il cd. “Pacchetto protezione dati”, composto dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali e della Direttiva che regola i trattamenti di dati personali nei settori di prevenzione, contrasto e repressione dei crimini.

Il Regolamento sarà vigente 20 giorni dopo la pubblicazione e sarà definitivamente applicabile in via diretta in tutti i Paesi UE a partire dal 25 maggio 2018, quando dovrà essere garantito il perfetto allineamento fra la normativa nazionale e le disposizioni del Regolamento.

La Direttiva, invece, è vigente già dal 5 maggio, e da qual momento impegnerà gli Stati membri a recepire le sue disposizioni nel diritto nazionale entro 2 anni.

Cliccare qui per il Regolamento

Cliccare qui per la Direttiva

 

La questione della giurisdizione del giudice italiano e della applicabilità del D.Lgs. 231/01 in caso di reato presupposto commesso all’estero e di reato commesso in Italia da Enti esteri riveste da sempre grande interesse, sia in ambito processuale, sia in sede di realizzazione dei Modelli di Organizzazione e Gestione.
Sotto tale secondo aspetto, infatti, da un lato la rilevanza dei fatti reato presupposto commessi all’estero deve necessariamente essere considerata nella costruzione dei Modelli di prevenzione, dall’altro l’applicabilità della norma italiana ad Enti esteri operanti in Italia deve essere dagli stessi considerata ai fini della valutazione di eventuale adozione del Modello esimente ex D.Lgs. 231/01.

Se l’applicabilità della norma agli Enti aventi in Italia la sede principale per fatti commessi all’estero trova espressa disciplina nell’art. 4 D.Lgs. 231/01, che ne prevede anche puntualmente le condizioni, non vi è di converso alcun dettato normativo in relazione all’ipotesi di reati commessi in Italia da Enti esteri.

In proposito, la giurisprudenza di merito ha tuttavia ripetutamente affermato l’applicabilità della norma a società straniere per reati commessi nel territorio italiano, in ragione del fatto che le società straniere operanti in Italia devono osservare le leggi del nostro ordinamento ed hanno l’onere di attivarsi ed uniformarsi alle relative normative.
La ragione giuridica di tale applicabilità è stata rinvenuta in:
– art. 34 D.Lgs. 231/01 che rinvia alle norme del codice di procedura penale;
– art. 36 D.Lgs. 231/01 che radica la competenza a decidere l’illecito 231 in capo al Giudice competente per il reato presupposto.

In tale contesto si colloca la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. VI penale, n. 11442 depositata il 17.3.2016.

In essa la Suprema Corte ritiene che, ai fini dell’applicabilità del D.Lgs. 231/01, il reato presupposto debba considerarsi commesso in Italia anche nel caso in cui nel territorio italiano si verifichi la sola “ideazione” dello stesso.

I Giudici di merito hanno accertato che l’amministrazione della società olandese… avveniva infatti nella sede di San Donato Milanese della società italiana, dove venivano adottate tutte le decisioni strategiche ed organizzative.
E’ principio consolidato che, ai fini della punibilità dei reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero…. A tal fine è stata ritenuta sufficiente l’essersi verificata in Italia anche la sola ideazione del delitto, quantunque la restante condotta sia stata attuata all’estero…

Di particolare interesse è anche quanto la Suprema Corte afferma, laddove esclude che, per i fatti commessi in parte in Italia, la definizione dei processi penali avviati all’estero contro la società precludano la rinnovazione del giudizio in Italia per i medesimi fatti.

Si legge in sentenza:

Gli accordi raggiunti in Nigeria e negli Stati Uniti d’America per la definizione dei processi penali avviati in tali Stati non precludono la rinnovazione del giudizio in Italia per i medesimi fatti.
In relazione a questi Paesi non vige infatti alcun obbligo pattizio che impedisca l’esercizio della giurisdizione italiana.
Tale obbligo non sussiste non solo per il perseguimento degli illeciti previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2001, ma neppure in relazione ai reati ad essi connessi.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza sia costituzionale che di legittimità (tra le tante, Corte cost. 58 del 1997; Sez. 2, n. 40553 del 21/05/2013, Tropeano, Rv. 256469) che il ne bis in idem internazionale in materia penale non costituisca principio o consuetudine di diritto internazionale, sicchè deve trovare la sua fonte esclusivamente in un obbligo pattizio.
Le convenzioni citate dalla ricorrente (Convenzione Ocse sulla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri e Convenzione ONU contro la corruzione) prevedono soltanto meccanismi procedurali volti ad evitare che, in relazione allo stesso fatto, vengano avviati, dinanzi a diverse autorità nazionali, paralleli procedimenti penali. Tali meccanismi si esauriscono nella consultazione reciproca degli Stati al fine di stabilire quale tra le giurisdizioni concorrenti sia la più “idonea” ad esercitare l’azione penale. E’ significativo che l’art. 42, par. 6, della Convenzione ONU, precisi a tal riguardo che “fatte salve le norme di diritto internazionale generale, la presente Convenzione non esclude l’esercizio di ogni competenza penale stabilita da uno Stato Parte conformemente al proprio diritto interno”, con ciò ribadendo che, al di là della consultazione, non sussistono ulteriori conseguenze discendenti dalla Convenzione stessa.

Nel ratificare tali convenzioni, in ogni caso, l’Italia non ha ritenuto di introdurre norme volta a precludere in via generale il rinnovamento del giudizio per gli stessi fatti.

Nel D.Lgs. n. 231 del 2001, si è soltanto previsto, in relazione alla responsabilità degli enti, di apporre uno sbarramento alla perseguibilità dell’illecito commesso dall’ente nei casi in cui nei suoi confronti già proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. Come prevede, l’art. 4 D.Lgs. cit. tale sbarramento opera in relazione ai soli “reati commessi all’estero”.
Ipotesi nella specie, non ricorrente per quanto in precedenza affermato.”

Cliccare qui per visualizzare la sentenza, come pubblicata sul sito della Corte di Cassazione.